Questioni confinarie nelle carte della raccolta documentaria Pietro Pensa

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Alex Valota, Questioni confinarie nelle carte della raccolta documentaria Pietro Pensa, Archivio Pietro Pensa, Esino Lario, 2011.

Le recenti fasi di riordino e divulgazione del patrimonio documentario della collezione Pietro Pensa, promosse e curate dalla Associazione Amici del Museo delle Grigne Onlus di Esino Lario, nell’ambito del progetto “Vestire i paesaggi”, hanno permesso di individuare una cospicua massa di atti e pratiche relativi alle liti sorte tra le diverse comunità della Valsassina nel corso dei secoli XV – XIX. Circa settecento carte che interessano le seguenti località: Balisio, Ballabio, Barzio, Binda, Bobbio, Casargo, Cassina, Concenedo, Cortabbio, Cortenova, Cremeno, Dervio, Esino Superiore, Indovero, Introbbio, Lecco, Lierna, Margno, Moggio, Muggiasca, Narro, Pasturo, Perledo, Pessina, Premana, Primaluna, Tremenico, Valsassina, Valtorta, Vedeseta, Vegno, Vimogno. Ebbene, gran parte di questi contrasti riguardano proprio questioni confinarie e rivendicazioni territoriali.

Già gli Statuti della Valsassina sanzionavano tali interventi arbitrari tra singoli proprietari confinanti. Il capo n. 108, nella traduzione in lingua volgare operata dal notaio Leone Arrigoni all’inizio del sec. XVII per conto della Comunità di Premana e conservata in manoscritto nell’archivio Pensa, così recitava:

Del non strepare gli termini
Ancora hanno statuito et ordinato che se alcuno haverà strepato alcuno termine ad alcuna persona in qualche peza di terra apertamente senza parolla del Podestà di detta valle et monti predetti, overo di uno suo fante, overo senza parolla de gli consoli, overo de vicini di quello loco nel qual territorio fosse detto termine, paghi la condanna al detto Comune per ciascheduna volta de lire dieci de terzoli et ciascuno che haverà piantato detto termine sopra alcuna terra, overo posessione senza parolla del posessore, overo del Podestà, paghi l’istessa condanna et anco debba ritornare l’istesso termine che haverà strepato dove era avanti.

Quando però si passava dal privato al pubblico, non più i singoli terrieri ma le comunità, non più gli isolati appezzamenti bensì i beni comuni (boschi e pascoli) ed i confini montani, si assisteva allora all’inesorabile dilatarsi dei tempi, inasprirsi delle contese, esacerbarsi degli animi. E di conseguenza, nella serie di appelli, corsi e ricorsi, deduzioni e controdeduzioni davanti alle autorità costituite di qualsiasi ordine e grado, aumentava esponenzialmente la quantità di atti e documenti necessari nel far valere le proprie ragioni. Questo contributo però non si prefigge alcuna sintesi ed analisi storica della questione. Per gli studiosi interessati, daremo, qui di seguito, solo un assaggio del materiale documentario custodito nella raccolta Pietro Pensa, tenendo presente che le carte di una collezione documentaria, per la natura stessa di tali collezioni, non riescono a dare un quadro esaustivo e particolareggiato di un determinato fatto ed argomento ma richiedono necessariamente di essere compendiate e raffrontate con altre fonti documentarie e bibliografiche. Ecco gli estratti dei documenti più significativi.

Indice

Estratti dei documenti più significativi sulle questioni confinarie conservati nell'Archivio Pietro Pensa

Comunità di Primaluna e Pessina

Nel 1608, una causa confinaria sorta tra le Comunità di Primaluna e Pessina vede l’intervento di un agrimensore delegato:

“Io Andrea Vittalli agrimensore elletto et deputato dalli Communi di Primaluna et Pessina et suoi sindici et agenti per ordinatione fatta dal Sig. r Podestà di Valsasina in essecutione di una sentenza altre volte fatta dal Sig.r Cayrasco, già parimente Podestà di questa valle et arbitramenti infrascritti, dico, protesto et faccio fede col mio giuramento qualmente d’ordine et commissione delli Sig.r Pompeo Manzone et Porfirio Arrigone, arbitri nominati et elletti per dette parti, come in detta sentenza et ordinatione et anco delli detti sindici et agenti di dette terre di Primaluna et Pessina cioè di Battista, Cesare, Camillo et Baldo Cattanei per Primaluna et Giacomo Barbalata et Sigismondo Donati sindici del Commune di Pessina, con l’intervenimento d’essi sindici del Commune di Pessina et Primaluna et alla loro presenza ho misurato tutto il territorio tanto diviso quanto commune spettante a detti Communi di Primaluna et Pessina, cioè dalli confini di Giero et Barcone alli confini di Cortabio, conforme in tutto e per tutto alla disposizione della sentenza di detto Sig. Cayrasco et delli arbitramenti in essa nominati per quali è stabilito fra dette parti il modo et ordine di far detta misura et ho d’ordine espresso delli sudetti signori arbitri assignata, terminata et dichiarata la parte che spetta a detti di Pessina che è la quinta parte di tutto esso territorio commune et diviso et compresi tutti li fondi come si siino conforme la detta sentenza nelli termini e confini infrascritti …”

Esino Superiore e Perledo per i confini dal Monte di S. Defendente alla Val Grande

Nel 1614 viene raggiunto un accordo tra le comunità di Esino Superiore e Perledo relativo ai confini dal Monte di S. Defendente alla Val Grande. Si pattuisce infatti:

“Et primo li detti sindici de l’una e l’altra parte si sono convenuti et così si sono dichiarati che il Pizzo Cavedino sia il pizzo che di presente di chiama di Sant Deffendente, nella sommità del quale vi era fabricata una capelletta di detto San Deffendente, la quale hora è dirupata per infortunio della saeta, che però si ha da reffare a spese de ambe le dette parti, qual pizo vogliono le dette parti che sia il primo termine e dal detto pizo si descenda dalla parte verso Esino et si venghi alla punta del prato da Lezzeno, territorio del detto luoco da Esino, nella qual punta è una piudiza nella quale si scolpisca una eminente croce, overo se vi fabrichi un pilastro nel modo infrascritto, qual punta è in cima della costa del canale di Brindeli, verso la pieve di San Martino, et sopra il sasso chiamato dell’Enola et descendendo sino al principio del detto Sasso dell’Enola, nel qual luoco si habbi a fabricare un altro pilastro, talmente che tutto quello che dalla detta costa piove et pende verso Esino sii territorio de essi di Esino e tutto quello che piove verso la detta pieve di San Martino sii territorio et in dominio delli huomini di detta pieve, et dal detto pilastro che si fabricarà in fondo alla detta costa et appresso al detto Sasso dell’Enola sino nel fondo della Val Grande che camina da Esino in Olivedo, se ne fabricano due o tre de altri, in luoco de termini, li quali duoi o tre pilastri sopra detti si piantino et fabricano nei luochi che saranno dessignati per li reverendi Sig. Curato di Esino et Francesco Molteno, capellano di S. Cattarina di Bellano, a quali detti sindici danno facoltà di far piantare li detti pilastri, così però che il detti pilastri siano fabricati di qua dal luoco chiamato il Crucifisso, verso la pieve di San Martino, nei luochi ove a detti reverendi parerà più conveniente a drittura d’una piudiza che è in mezzo la strada di Pianchello, che va da Esino a Varena, la qual piudiza è in cima d’una gran costa nella detta strada, la qual costa comincia nella detta Valle Grande et ascende sino alla summità del monte et è dalla parte di là della detta valle verso Belaso, la qual costa è vicina alla prima selva che si trova a venir da Esino per andare a Varena, passato la Fontana di Gavaggio, circa una archibugiata, nella quale piudiza si scolpisca una croce ben apparente.
Secondo che nelli detti pilastri che si fabricaranno a commune spese, se vi facci dipingere parimenti a commune spese dalla parte verso detta pieve la figura di San Martino et dalla parte verso Esino la figura di San Vittore, li quali pilastri si faccino nel modo predetto da qui a doi mesi prossii a venire.
Quarto che sia dato alle bestie che ogni matina si partino dalle dette terre della detta pieve giornalmente per andar nel detto pascolo di Cereda et che ogni sera tornano a casa, possino passar li detti termini come sopra piantati et che si piantaranno sino al primo fontanino che si trova sopra il canale della Spissarotta verso Esino per il loro bevere, senza contraditione alcuna, come anco sii lecito et così si concede alli detti di Esino d’andar a pascolare con le loro bestie nella pianca che è sotto la costa che comincia alla ponta del detto prato di Leceno et che camina sino al detto pizo di Santo Deffendente in giù verso questa pieve, senza contraditione alcuna, non passando il detto pizo di Santo Deffendente …”

Ballabio e Pasturo per il Monte Amna

Tra il 1675 ed il 1688 si protrae una lite tra le comunità di Ballabio e Pasturo relativamente al possesso e sfruttamento del Monte Amna. Così argomentano i consoli e sindaci di Pasturo:

“Che la detta Communità di Pasturo e per essa gli suoi consoli, sindici et huomini, da dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta e più anni a questa parte et a memoria d’huomini sono sempre stati e sono in quieto, pacifico e continuo possesso di tutta quella parte del monte chiamato l’Amna che risguarda verso Balabio, sopra il possesso della quale si controverte tra le medeme Communità di Pasturo e Balabio.

Che in virtù di tal possesso, la legna e li boschi che di tempo in tempo nascevano e crescevano in essa parte controversa del detto Monte Amna, sono sempre stati tagliati o fatti tagliare dalla medema Communità di Pasturo o suoi huomini o da altri che havevano comprato da detta Communità di Pasturo la raggione di tagliare o far tagliare detta legna e boschi.

Che quelli di Pasturo o li altri che havevano da essi comprato la detta legna et boschi, doppo seguito il taglio, ne consumavano gran parte in far carbone, facendolo cocere sopra la stessa parte controversa come sopra del Monte Amna.
Che quelli di Balabio o altri a loro nome, per il tempo di sopra espresso et a memoria d’huomini come sopra, non si sono mai ingeriti in tagliar legna, pascolar bestiami o in far altro atto possessorio nella sodetta parte del Monte Amna.”

Narro ed Indovero

Nel 1716 è la volta delle comunità di Narro ed Indovero:

“… fu stabilito di far divisione delli luoghi comunali cioè prati, selve, boschi, brughe, caravine et salti et altri luoghi tra le due communità d’Indovero et Narro.

Furono eletti duoi periti et agrimensori per misurare et partire detti luoghi communali, quali huomini eletti da ambo parti, dopo visitati detti luoghi communali et haver dato le misure, fecero la loro lista di quanto havevano stabilito colla sua perizia, quali liste, alla presenza dell’huomini della Communità di Indovero et Narro, dalla Communità di Narro non furono accettate col significar che non gli era stato dato quel commodo che li conveniva per il suo grege et delli suoi monti et prati particolari.

Le sudette due Communità elegerono duoi huomini per Communità ad assistere a detti periti et agrimensori per instruirli delli confini. Doppo fatte dette misure, li duoi huomini eletti dalla Communità di Narro s’accordarono con quelli d’Indovero d’andar a piantar certi sassi per termini …”

Primaluna e Cortabbio peri il Bosco del Faedo

Nel 1722 sorge una causa confinaria tra le comunità di Primaluna e Cortabbio relativa al Bosco del Faedo. Questi i confini stabiliti tra Faedo e la Colletta:

“Incominciando al detto Fontanino esistente tra la detta Valle del Cugnoletto e la detta bucca da vena superiore, cioè detto Fontanino distante per traverso dalla detta Valle del Cugnoletto trabuchi o sia stagiate numero sei e distante dalla detta bucca parimente per traverso trabuchi o sia stagiate numero otto e ascendendo dal detto fontanile per retta linea fino ad un sasso grosso in Faedo, alto dalla parte che riguarda il detto Fontanino piedi sette in circa e largo piedi cinque, nel quale sasso detti signori arbitri hanno fatto scolpire una croce nella detta parte del sasso riguardante il Fontanino, il qual sasso è distante dalla detta Valle del Cugnoletto per retta linea in traverso trabuchi o sia stagiate numero settantasette e dal detto sasso grosso ascendendo per retta linea sino ad una corna, la quale è sotto ad un’altra corna, la qual seconda e superiore corna viene dal Prato da Guelio e nel piede di detta prima corna detti signori arbitri hanno fatto scolpire una croce, la qual prima corna, incominciando la misura dal piede dove è scolpita la croce, è distante dalla detta Valle del Cugnoletto per retta linea trabuchi o sia stagiate numero trentasei, e dalla detta prima corna, ascendendo per retta linea sino al piede del dente verso la detta Valle del Cugnoletto, il detti signori arbitri hanno fatto scolpire un’altra croce e dal detto piede del detto dente, dalla parte verso la Valle del Cugnoletto ascendendo per retta linea sino alla Colletta, o sia Goletta posta alla somità della Grigna, la qual Goletta per maggior spiegatione s’intendono detti signori arbitri che sii quella golla o sii zapello che divide le Grigne, che sono una da una parte e l’altra dall’altra sopra la Valle del Cugnoletto e del detto Fontanino e termini come sopra espressi sino alla detta Goletta o sia Zapello della Grigna tutto quello che si trova dalla parte verso mattina sii della Communità di Primaluna e dalla parte verso sera della Communità di Cortabio”

Cremeno e Vedeseta per i confini territoriali tra il Monte Campelli ed il Monte Concoli

Intorno al 1732 vi è una causa tra la Comunità di Cremeno e la Comunità di Vedeseta relativa ai confini territoriali tra il Monte Campelli ed il Monte Concoli. Nella enucleatio dei diritti e delle prove presentate da Cremeno alla Eccelsa Cesarea Giunta di Commisurazione dello Stato di Milano vi è un vivido ritratto del prete Bartolomeo Cuzio e delle sue attività economiche:

“ Tra gli istromenti delle vendite de boschi loro, leggano pur quello della vendita che fecero al fu Reverendo Prete Bartolomeo Cuzio l’anno 1693, 17 settembre, di tutti li boschi e legne esistenti nel detto Monte di Concoli e sue pertinenze e dentro i suoi confini, da tagliarsi e farne carbone dentro il termine d’anni 15, per lire 400 imperiali, e presenzialmente pagato dal compratore, rogato dal notaro bergomense Pietro Antonio Bellavite Buttone.
Detto prete era facinoroso custode de confini e patentato dalla Serenissima Veneta Republica, massime contro i banditi, e fu libero abitatore delle due Valli Torta e Taleggia, pratichissimo d’esse valli, suoi monti, boschi, confini, coerenze, strade, sentieri, angoli, cassine, capanne, grotte e nascondigli tutti, per poter ad ogni uopo, diu noctuque, viaggiare, escubiare e stazionare co’ suoi seguaci e manopronti e servire fedelmente e con l’ancor nota avvedutezza e vigilanza al Principe suo delegante nella demandatale Provincia. E per essere più pronto all’esercizio di tal suo carattere, abitava la maggior parte dell’anno nella sodetta Terra di Valtorta Bergomata, angolo fra Rezi e lo Stato di Milano, dove aveva una fornace da ferro (furnum vocat regio) e fucine subalterne, con grande consumo de carboni e legne, come è noto di simili edifizi, così che, se li boschi delle Vallitorte di Campeglio di Cremeno fossero stati di ragione e pertinenze di Concoli, come di gran lunga più vicini agli edifizi di esso prete e con strada senza paragone più commoda per le dispendiosissime condotte, non l’avrebbe esso reverendo (teste orbetoto) perdonata alla loro onoranda antichità d’anni oltre duecento con fargli tagliare tutti, fino all’ultimo virgulto, e far carboni anche delle più profonde radici, e si vedrebbero ancora patenti (ut vocant) le Aiali che sono (breviter digrediendo tamen ad rem) piazzette nel suolo a tal fine aptate, nelle quali si costrue cattasta di legne, s’incende, si cuoce ed adusta in carboni e, concremato il suolo dal fuoco recondito agente per più giorni ed annerito, n’è il vestigio per lunghe età …”

Muggiasca e Dervio

Nel 1757 abbiamo un causa vertente tra le comunità della Muggiasca e la comunità di Dervio:

“… se il sito della Scavrina dal sentiero o sia Chiarello di Niciuolè, all’insù, caminando con la Valle Larga fino al principio della stessa Valle dove principia la Piazza di Noce, sii privativo dell’una o dell’altra parte, oppure promiscuo in tutto o in parte.”

Barzio (Stato di Milano) e Valtorta (Stato Veneto)

Riguardo alle comunità di Barzio, Stato di Milano, e Valtorta, Stato Veneto, abbiamo una disputa secolare che si protrae per tutto il sec. XVIII La ricognizione effettuata nel 1725 così rimarcava i confini, segnati alfabeticamente, tra le due comunità:

“A. Peduzzo di una pianta di faggio …
B. Baita che si sta costruendo da quelli di Barsio per comodo de suoi pascoli e dicesi esser quasi nel sito dove l’anno 1721 da quelli di Valtorta ne fu alzata una di rami per guardare la strada per causa di sanità …
C. Croce di legno vicino alla strada che da Valtorta va in Vallesasina.
D. Sito ove dicesi che l’anno 1722 fi preteso da quelli di Valtorta di farvi costruere un baitello …
E. Altra croce di legno in vicinanza alla strada che da Valtorta va in Vallesasina.
F. Monte Chiavello.
G. Monte detto Corna Rossa …
H. Cima della montagna detta Rondine …
I. Sorgente detto Slavazzero, con il quale abbeverano le bestie che vanno al pascolo del Monte Bobbio …
L. Cassina detta Baita del Monte Bobbio …
M. Altre cassine dette baite nel soddetto Monte Bobbio …
N. Caravina, osia rilascio de sassi che cascano dalla montagna della Rondine.
O. Prati con cassine detti di Ceresolo, giurisdizione e territorio di Valtorta.
P. Piano di Bobbio …
Q. Due piani sotto il Piano di Bobbio …
R. Bosco di legna detto Mugosso, che si sta tagliando per conto della Comunità di Barsio per fabricare carbone, ed è in detto Monte Bobbio.
S. Altro bosco di legna di faggio di ragione della detta Communità di Barsio che serve anch’esso per la fabrica di carbone ed è in detto Monte Bobbio.
T. Strada che da Valtorta va in Vallesasina …”

Il 10 settembre 1789 veniva effettuata un’altra ricognizione, eseguita da Ponziano Antoniani, sostituto del Regio Cancelliere della Valsassina:

“Di commissione del Regio Cancelliere di Valsassina, Distretto X, Sig. Vincenzo Bellati, mi sono portato unitamente alli infrascritti deputati all’Estimo, Sindaco e Console della Comunità di Barsio nei Monti sulla linea di confine tra la detta Comunità di Barsio, Provincia di Como, Ducato di Milano, e la Comunità di Valtorta, Provincia Bergamasca, Stato Veneto, ed ivi alla presenza dei testimoni a tale effetto richiesti cioè Giacomo Traina quondam Pietro di Valtaleggio, Calimero Cimpanelli figlio di Giovanni Antonio di Pasturo, Pietro Buzzone quondam Carlo di Valtorta, si è principiata la visita occulare sul luogo dei rispettivi termini fraposti in detta linea, incominciando dalla parte di Cedrino confinante alla Motta, territorio d’Introbbio, ove si è ritrovato il capotermine di un sol pezzo steso in terra al lungo con la cima verso Valtorta e nella facciata risvoltata all’insù si vedono scolpiti li seguenti numeri e lettere cioè 1777. Stato di Milano n. 313. qual termine è di lunghezza brazza 3 oncie 4, largo oncie 8 e grosso oncie 4 e posa alquanto col piede sopra la sua fossa quale resta la maggior parte turata con sassi.
Dal qual termine discendendo ed attraversando, si è ritrovato altro termine in suo essere collocato sulla sponda del Canale di Cedrino, in vicinanza del quale evvi un aiale che resta a mezzo di detti termini e quivi si è licenziato e dipartitosi il terzo testimonio Pietro Buzzoni di Valtorta.
Proseguito con gli altri l’andamento di detta linea, attraversando il Canale di Cedrino sulla falda o sponda a mezzodì del medesimo si è ritrovato altro termine steso in terra della fossa di lunghezza brazza 2, largo oncie 8 e grosso oncie 3 e dal lato verso il canale si vede scolpito cioè 1777./S.M. e dall’altra parte verso la costa S.V., restando la fossa alquanto otturata con giaia che sembra rilasciata da se per essere in sito ripido.
Indi dal detto termine, salendo sul filone d’un'altra costa si è ritrovato altro capotermine qual era di due pezzi ed al presente si trova smosso da terra e piegato verso Valtorta, spezzato e mancante a parte verso la sommità ove restavano scolpite le lettere e scaliato il buco fatto nel mezzo ove esisteva la chiavella di ferro impiombata e nascosta che teneva unito il pezzo mancante ed il pezzo che esiste e di lunghezza brazza 1, oncie 10 e di larghezza oncie 8 e di grossezza oncie 6 circa.
Proseguendo ed attraversando in linea retta per picioli canali e coste si è ritrovato altro termine parimenti steso in terra al lungo verso Valtorta, distante dalla sua fossa brazza 2,5 al’ingiù, lungo brazza 2 oncie 3, largo oncie 7 e grosso oncie 4, con la faciata risvolta all’insù si vede scolpito 1777./S.M. che resta a mezzo di un fossato.
Seguitando il viaggio sempre per detta linea si è ritrovato altro termine steso in terra al di sotto d’una costa dove evvi una croce scolpita brazza 3 circa, nel qual termine si vede al di sopra scolpito il n. 208 e le lettere S.M., longo brazza 1,5, largo brazza 1 e grosso oncie 2 esistente sul pendio della costa.
Seguendo il corso si è ritrovato altro termine alla sinistra della strada cavalcatoria che dal Monte di Bobbio discende a Sciaresola, ove la linea va attraversando la detta strada qual termine si trova piegato alquanto all’ingiù verso Valtorta e tiene scolpito il n. 207 e le solite lettere come gli altri, quale è di lunghezza brazza 2, largo oncie 7, grosso oncie 5 circa.
Seguitando l’andamento in linea si è ritrovato scolpito in una grossa corna che risguarda a levante le solite lettere ed il n. 206.
Simile prosseguendo il corso si è trovato scolpito in piano di una corna altra croce indicante altro termine vicino, essendovi di questo la fossa ma il termine è mancante dal sito.
Parimente venendo dalla detta corna ove esiste la sunominata croce e seguendo la linea si è ritrovato sul pendio d’una costa boschiva altro termine piegato alquanto verso Valtorta, marcato colle stesse lettere come sopra e n. 204.
Indi dipartendosi dal detto termine per detta linea attraversando una picciol valetta che discende dal Lavazzaro alla destra d’un piciolo sentiero evvi il capotermine spezzato già stato rilevato nei anni retro in altra visita.
Per ultimo, partendo dal detto capotermine e risvoltando alquanto, salendo verso la Caravina, si è ritrovato altro termine in suo essere, marcato come sopra e da questo sino al confine di Cremeno, salendo per una precipitosa costa, restanvi li segnali scolpiti nella corna superiormente ove resta terminata l’estensione della linea dei termini posti fra le dette due Comunità di Barsio milanese e Valtorta bergamasca …”

Esino Inferiore e Lierna

Infine nel 1819 riaffiora la secolare disputa tra le comunità di Esino Inferiore e Lierna relativamente alla proprietà dei confinanti beni comunali. Una supplica inoltrata dai deputati di Esino al Regio Cancelliere Censuario così principia:

“La verità è onnipotente e non ha bisogno degli umani sforzi dell’arte e tanto più presto risplende e signoreggia quanto meno è pontellata dalle brighe e dalle raccomandazioni.
Si debbe ora conoscere degli importantissimi diritti di due comunità contigue e conterminanti le quali fatalmente da tanti secoli si trovano in odiosi contrasti ed in pericolosi cimenti.
Il montuoso Esino Inferiore va co’ suoi beni comunali a confinare con quelli di Lierne e si perdono le tracce nella più rimota antichità delle continue molestie, sedizioni e violenze promosse sempre dai liernesi per usurpare ed estendersi a danni del povero Esino. Questo comune avrebbe ben ragione di esclamare come il divino cantore del Mincio: Esino infelice ahi, troppo vicino a Lierne.
Gli arbitramenti seguiti le convenzioni stipulate, i termini tante volte e solenemente fisati, l’interposizione autorevole di personaggi conspicui ed il tramontare dei secoli non bastarono mai ad aquietare ed a porre un freno alle rinascenti molestie degli insaziabili Liernesi.
Doveva pur sembrare che dopo le transazioni solenissime del 1725 e del 1460 che richiamano quelle del 1274 e dei secoli antecedenti, non avesse più il povero Esino a soffrire nuove molestie dai Liernesi. Era pur a sperarsi che, sotto l’egida dell’acclamata giustizia del maggiore e del migliore de Monarchi, non osassero più coloro d’insorgere ed inquietare. Ma fatalmente nei decorsi 1817 e 1818 s’alzarono più che mai baldanzosi ed impliando a capricio la meschina facoltà del boscare hanno eseguiti tagli estesisimi ed hanno immensamente devastati tutti i boschi di assoluta ed incavillabile proprietà del povero Esino.
Ora poi anziché riconoscere il proprio torto e godersi il mitoso prodotto delle comesse usurpazioni, tentano li signori Liernesi, con mendicati pretesti e con cavilli e con ributati paralogismi di sostenere li praticati spogli, nel evidente progetto di giongere se non altro a nuove transazioni che a tante riprove risultarono sempre in loro vantaggio con enormi sagrifici dei miseri alpigiani.
Esino impertanto è costretto di metersi in tutta difesa per salvare il resto dell’incontrastabile suo patrimonio, contro il periglio novello tentativo dei signori liernesi e fiduciosamente invoca dalla Superiorità la solita pasienza nella disamina delle raggioni e la consueta imparzialità nel relativo giudizio.”