Storia di un paese della nostra montagna
Pietro Pensa, Storia di un paese della nostra montagna in Rivista di Lecco, anno XVII (1958), n. 1-2, pp. 33-35.
Sarebbe pretesa voler intessere, con le poche vicende salienti di cui Esino, che neppur oggi raggiunge le mille anime, fu protagonista, una storia organica ed autonoma; incastonando invece i fatti dei quali ci è rimasto documento nel più vasto quadro degli avvenimenti della Comunità a cui il paese appartenne, è possibile trarre una visione quanto mai varia e pittoresca dei tempi passati, e da quella comprendere il carattere vivace degli abitanti della nostra montagna, i quali sempre, nei momenti di emergenza, anziché ritrarsi vollero partecipare agli eventi, portando il nome della loro Terra sulle pagine della Storia.
Dai più remoti secoli sino al 1800 i paesi della Valle dell'Esino fecero parte di quel grande complesso civico che fu la Valsassina. Rappresentava questa, per essi, il centro principale di attrazione politica ed economica, mentre a sua volta la configurazione geografica della valle minore dava il modo alla Comunità valsassinese di affacciarsi sul Lario e di portarvi il suo interesse partecipando alle contese di cui il lago era teatro.
Non è difficile comprenderne le ragioni: la Valsassina era un omogeneo insieme di paesi, abitati da gente laboriosa e indipendente, e costituiva una forza capace di reggersi da sé e in ogni caso così cospicua da poter imporre una propria sufficiente autonomia; da ciò il richiamo esercitato sulle regioni limitrofe. Se si pensa poi che lungo la riviera orientale del ramo del lago di Lecco non esisteva strada a causa dei lunghi tratti rocciosi a picco sull'acqua e che quindi il percorso per scendere verso la pianura era rappresentato per Esino dalla via che conduce a Cortenova e da qui a Lecco lungo la valle della Pioverna, si ha l'immediata spiegazione dell'appartenenza del paese alla Comunità. D'altra parte le stesse condizioni orografiche rendevano facile alla Valsassina l'accedere alla zona lariana e il condurre su quella la propria influenza, tanto che vedremo raccolta nel porto di Olivedo, allo sbocco del torrente Esilio, una flottiglia valsassinese.
Purtroppo, dopo la lezione delle vestigia gallo-romane, sino al mille non è possibile trovare documenti scritti, ma vari elementi permettono di stabilire assai remota l'appartenenza di Esilio alla Valsassina. Sia innanzitutto il fatto, come osserva l'Arrigoni (1), che le tre Parrocchie di Esino, di Perledo e di Varenna, riunite in Pieve, praticano, similmente a quelle valsassinesi, e a differenza di quelle della Riviera, il rito ambrosiano; ed è risaputo che la giurisdizione ecclesiastica si servì della divisione civile preesistente, rimanendo poi pressocchè sempre la stessa, anche se quella sul cui schema si era formata, per forza di trattati o per ragioni di guerra, andava mutando. Oltre a ciò l'origine certamente romana, denunziata dalle vestigia rimaste, del cospicuo sistema di fortilizi che in un organico e razionale insieme erano disseminati nella regione, collegando le due valli e precludendone l'accesso, dimostra pure quanto remoto fosse il rapporto tra la Valsassina e gli abitanti della valle dell'Esino.
Lasciano pensare, quelle fortificazioni, che i nostri paesi rappresentassero, durante il periodo della pressione barbarica, asili sicuri non solo agli indigeni ma anche a chi fuggiva alla furia degli invasori; in ciò è certamente da ricercarsi l'origine di tante cospicue famiglie che abitavano un tempo la valle: «Exino aulicamente fu dotato di grande scentia et ricchezza et nobiltà», si legge su uno scritto del 1500 (2): come spiegare tale fatto, documentalo del resto dalla presenza nei secoli del tardo medioevo di numerosi uomini di legge e di spada, se non con una provenienza eccezionale, non certo giustificata dalle scarse possibilità locali?
Il comune di Perledo, che comprendeva i gruppi di abitazioni della parie inferiore della valle, si spingeva a settentrione lungo le pendici sovrastanti il lago sino a volgere sul fianco meridionale della Valsassina, là dove la valle si stringe, dirupata e selvaggia, prima di precipitare su Bellano. Ivi, presso i pochi casolari ancor oggi chiamali Portone, sorgeva «una gran Porta anticamente ivi edificata; questa .... chiude la via, sopra un'alta ed oscura valle, non potendosi per gli alti precipiti da niun altra parte passare; di sopra il detto Portone vi sono ancora le vestigia di un'alta Roccha, la qual era edificata alla guardia di questo passo, cosa che sin hora mirabile a' riguardanti pare» (3).
Tale fortilizio, destinato ad arrestare chi, calando dal settentrione, avesse voluto far la Valsassina un passaggio verso la pianura, era affidato alla guardia degli uomini di Perledo e di Esino.
Un importante gruppo di opere di difesa sorgeva poi allo sbocco della valle dell'Esino sul lago. Presso Varenna una rocca ben munita difendeva il pelliccinolo di Olivedo; non molto sopra, a Vezio, sorgeva, e tuttora se ne ammirano i resti, la «bella fortezza, la qual sta a cavagliere della terra di Varena; nel mezzo della fortezza vi è una alta et forte torre, la qual scopre molte miglia intorno per il lago di Como et altre valli el monti» (4).
Collegati a questo maniero con segnalazioni visive erano certamente i numerosi fortilizi di Esino, di uno dei quali rimangono vestigia, mentre degli altri solo memoria: il principale sorgeva sul promontorio dell'attuale Chiesa, località chiamata ancor oggi «Castello»; altre torri minori si levavano sui fianchi della valle. La più alla sembra sorgesse poco lungi da Cainallo, il passo che comunica con la Valsassina, in posizione che certamente «vedeva» la torre tuttora esistente sopra la frazione alta del paese e che a sua volta comunicava visualmente con il «Castello». Questo poi, attraverso due altre torri, una sovrastante la località «Fontana» a metà valle tra Esino e Perledo e sul versante settentrionale, l'altra in cima al gran scoscendimento detto «Sasso da Po » sul versante opposto, poteva lanciare segnali al Castello di Vezio. Notevole sistema dunque, destinalo a difesa e insieme rapido mezzo di comunicazione per richiamare sul luogo del pericolo le popolazioni nei casi di emergenza. E' da ritenersi che le sue origini, come dicemmo, fossero antichissime, probabilmente romane, poiché nel 1200 in luogo del «Castello» già esisteva la Chiesa,
Ben poco, come accennammo, è dalo azzardare sull'alto Medioevo. Gli storici bergamaschi vogliono che tutto il ramo di Lecco del lago appartenesse a Bergamo (5). Un erudito milanese, il Fumagalli, è dello stesso avviso, ma limila la giurisdizione bergamasca al periodo longobardo (6). A quesli tempi si riferisce una leggenda, trasmessaci dal Boldoni e tuttora viva tra le genti del luogo: «... alte situm conspicitur Perleidum cupi excelsa turri, quam simul cum templo Theodolinda sanctissima Longobardorum regina divo Martino dicavit» (7). Tale storia, che il Frisi non esita a dichiarare senza fondamento, è ripresa dal Cantù e dall'Arrigoni: «La regina Teodolinda, tanto nota per la sua pietà, invaghitasi dell'amena solitudine di Perledo, spesso vi veniva a villeggiare, e stanca alfine delle gravi cure del regno, rinunziò il trono al figlio Adaloaldo, e qui si ritirò a passare i giorni della vecchiaia» (8).
Quando, nel secolo IX, l'impero carolingio fu sconvolto dalla grave crisi che doveva portarlo al completo disfacimento, si andò formando nel settentrione d'Italia, certo per opera di Lotario, un forte raggruppamento di comitati, facenti capo a Bergamo e a Brescia.
Da qui l'origine del contado di Lecco, che certo dovette avere sotto la sua giurisdizione, come afferma il Giulini (9), la Valsassina e la riviera orientale sino alla sommità del Lago; sul finire del secolo X, con lo spegnersi della famiglia comitale, il contado di Lecco si smembrò (10); da allora sembra, nonostante l'opinione contraria degli storici comaschi (11), che tutta la zona entrasse sotto l'influenza di Milano, se non addirittura sotto il dominio diretto dell'Arcivescovo (12).
Proprio dai primi tempi del nuovo millennio, quando il fermento politico maturatosi nell'alto Medioevo stava sfociando in quel magnifico fenomeno storico che fu il fiorire dei Comuni, ci giungono le prime notizie documentate sui paesi della valle dell'Esino.
Note
1) ARRIGONI, Notizie storiche della Valsassina, 1840, pag. 74.
2) G.M. BERTARINI - Lettera a S. Carlo - 1560, Bibl. Ambrosiana.
3) PARIDE CATTANEO - Descrizione della Valsassina - 1571, in "Documenti inediti" pubblicali dall'Arrigonì, pag. 70.
4) PARIDE CATTANEO - Op. cit. - pag. 72.
5) LUPI - Codex diplomaticus Bergomatis, 1790. RONCHETTI - Memorie storiche della città di Bergamo, 1805. MAZZA - Coreografia Bergamasca.
6) FUMAGALLI - Codice ambrosiano.
7) BOLDON1 - Larius - pag. 25.
8) ARRIGONI - Op. cit., pag. 45.
9) GIULINI - Storia di Milano.
10) TIBOLDI - I contadi rurali del Milanese. - A.S.L., 1901.
11) GIOVIO - Como e il Lario.
12) MANARESI - Gli atti del Comune di Milano.