Orsi e lupi sulle nostre montagne
Pietro Pensa, Orsi e lupi sulle nostre montagne in Il Corno, 1979.
In annotazioni di un vostro compaesano, scritte all'inizio di questo secolo, trovo questa osservazione che si riferisce alla vita dei fanciulli nel secolo scorso: "Fatti grandicelli, gerlo in spalla e fuori a custodire capre e pecore, condurle al pascolo e, quando venivano assalite dall'orso, allora frequente, gridare e far rumore per vedere di spaventarlo". In altro punto, sempre lo stesso informatore scrive: "Le case del paese erano addossate le une alle altre formando una cinta e le contradette venivano chiuse da portoni, di alcuni dei quali si vede ancora il formato". Debbo dire che io stesso, che oggi purtroppo sto entrando nella schiera dei "vecchi", anche se. vecchio non mi sento, vidi nella mia fanciullezza, in più di un paese, fra i quali il mio, qualcuna di quelle porte, alte più di due metri, sgangherate ma ancora con tanto di grosso catenaccio; a Panighetto, i cardini esistevano sui muri ancora qualche anno addietro e può essere che vi siano ancora. Le donne, alle mie domande, rispondevano che i vecchi le chiudevano alla sera per tener lontana la "casce selvadeghe", ma gli uomini di buon senso mi spiegavano che erano fatte per impedire ai lupi di entrare nei paesi durante la stagione invernale, quando il bestiame veniva .tenuto nelle stalle contigue alle case. Di lupi e di orsi, poi, i vecchi mi raccontavano ancora molte storie, il che dimostra che la loro scomparsa non era poi troppo lontana. Uno di loro ricordava addirittura l'ultimo attacco di tre lupi ad un "munt" dal quale non si erano ancora ritirate le mucche per portarle al paese: la neve, mi diceva, era caduta quell'anno assai precoce e le fiere, affamate, avevano raggiunto a sera tarda la stalla; lui ed un compagno eran rimasti assediati tutta la notte con le bestie che muggivano paurosamente, ed avevano tenuto a bada con le forche i lupi che tentavano di entrare dalle finestrelle. Ho cercato tra le vecchie carte di saper qualcosa di più su quello che per secoli dovette essere un continuo incubo per i nostri avi, e ho raccolto qualche notizia sui vari nostri paesi, su quelli che hanno le montagne più alte, Premana, Primaluna, Pasturo ed Esino in particolare. Premetto, innanzitutto, che la piaga delle fiere era vecchia quanto l'uomo e che sempre dette gravi preoccupazioni ai governanti. Già lo rivelano i più antichi statuti: in un articolo è comminato un premio di 20 soldi terzuoli a chi consegna un cucciolo di lupo e di 60 per un lupo grosso. In una grida di Ludovico il Moro del 1472 i compensi vengono raddoppiati rispetto ai precedenti e quadruplicati per lupi rapaci "avidi di carne umana". Nel seguente 1475 il premio fu portato addirittura a quattro ducati: tanta era la diffusione della fiera! Del 1504 si ha una notizia raccapricciante: in un solo giorno nelle campagne milanese e comasca i lupi uccisero 20 fanciulli sparsi per i pascoli a custodia di greggi. Nell'estate del 1500 nel Luganese ne avevano trucidati 30. Venne concesso, allora, di portare armi ed alla guardia degli armenti si andò in comitive, che nel dialetto premanese ed esinese vennero chiamate "ausende". L'audacia dei lupi era, però, senza limiti: scendevano sovente sino ai villaggi.
Ho una cronaca esinese del 1564 in cui è scritto che in una notte d'autunno, guidati forse dall'odore, in quanto il morto era stato seppellito fuori dalla terra consacrata perchè colpevole di eresia imparata lavorando quale boscaiolo nel paese protestante dei Grigioni, alcuni lupi famelici dissotterrarono il cadavere trascinandolo giù per la valle e facendone scempio. In un diario dei Torriani di Primaluna è scritto che nel 1600 e nel 1601 orsi e lupi erano talmente aumentati che gli uomini in cert ore del giorno non osavano uscire dalle case. Ancora nel 1700, benché meno grave, il flagello continuava. In una supplica del 1751 al Governo i Valsassinesi, nel chiedere che fosse loro mantenuta l'esenzione da tasse su boschi e su pascoli, facevano presente che agricoltura ed allevamento erano assai ostacolati dalla presenza di lupi e di orsi, per i quali era accordata una taglia rispettivamente di lire 24 per i primi e di lire 12 per i secondi. Precisavano che mediamente venivano uccisi ogni anno non meno di 12 lupi e di 6 orsi. Nell'Archivio di Stato di Milano è ancora conservato un fascetto di ricevute per premi pagati dal 1761 al 1770. Tali carte sono sottoscritte dal Notaio Antonio Staurengo, attuario del Pretorio Valsassinese, a cui coloro che avevano ucciso un animale feroce dovevano presentarne la pelle, sotto il naso della quale il barriceilo doveva prima fare un segno con una croce di ferro rovente. Si sarà notato come il premio per un orso fosse la metà di quello concesso per un lupo, in quanto il primo animale era considerato meno pericoloso, come dimostra del resto il fatto già riscontrato che i pastorelli riuscivano a metterlo in fuga con frastuoni e rumori.
Gli orsi calavano soprattutto dal Legnone, dal Pizzo e dalla Grigna. Il 28 novembre 1761 dodici cacciatori di Premana e di Pagnona uccisero, in una battuta in comune, un orso sui monti di Pagnona. Tre giorni prima ne era stato ammazzato uno sui monti di Primaluna e nel gennaio precedente uno sui monti di Indovero e di Narro. Nel 1764 Pietro Gianola di Dionigi di Premana uccise da solo un orso sui monti della Muggiasca. Abilissimo cacciatore dovette essere Giuseppe Melesi di Gero che nell'estate del 1769 ammazzò un orso presso il lago di Sasso e altri due nel settembre presso Biandino. Moltissimi i lupi catturati, anche con le tagliole, Giacomo Piatti di Pasturo nel 1762 presentò, per la ricompensa, la pelle di un lupo da' lui ucciso con sassate e bastonate, avendolo trovato zoppo, senza una zampa, perduta in una tagliola. Con l'aumentare della popolazione e quindi con l'avanzare della presenza umana anche nei luoghi più reconditi, le fiere andarono scomparendo. Ciò non toglie che la loro presenza fosse ancora molesta nel secolo scorso. Trovo annotato, infatti, sul diario del bisnonno: "1867 - I cacciatori di Primaluna presero l'orso nel loro comune". Orsi e lupi, dalla loro presenza effettiva documentata, passarono alla leggenda. I bambini di Premana, come quelli della Valsassina, come quelli di Esino sentono ancora raccontare da qualche nonna le belle fiabe nostrane del lupo e della volpe. Proprio quest'anno una gentile maestra di Ballabio mi mostrò i compiti dei suoi scolari a cui aveva proposto per tema: "Una vecchia storia del vostro paese". Quasi tutti avevano narrato la vicenda del lupo e della volpe entrati a bere il latte nella baita del pastore, terminando il componimento con l'antico adagio tanto saggio: "Are are per ol pian, ol mala al port ol san!". Da ragazzetto a me narravano ancora le bravure del leggendario Prè Isep, della cui esistenza reale ebbi poi prova in carte del 1600, che aveva ucciso cinque orsi, di cui il più grosso colto mentre rubava castagne da un "riscè" ed un secondo sorpreso a rifocillarsi di miele dalle arnie di un alveare. E mi dicevano che quel coraggiosissimo sacerdote, montato in superbia, era stato travolto da un branco di camosci demoniaci. I vecchi mi assicuravano anche che in una parete di qualche nostra montagna, o del Legnone o del Pizzo o della Grigna, è ancora infisso lo stile del suo fucile, da lui piantato in una spaccatura del sasso per attaccarsi e salvarsi. Io, quelle montagne, le ho battute tutte, ma lo stilo non l'ho mai trovato!