Lo si racconta ancora a Brunate: lupi e orsi scendevano dal San Primo

Centro di documentazione e informazione dell'Ecomuseo delle Grigne

Pietro Pensa, Lo si racconta ancora a Brunate: lupi e orsi scendevano dal San Primo in L'Ordine, 14.9.1979.

A render ancor più difficile la vita della nostra gente quasi non bastassero morie e disastri naturali, vi erano gli animali feroci. Che per allontanare gli orsi facessero suoni e rumori lo raccontavano, decenni or sono, persino a. Brunette, dove in passato scendevano calando dal San Primo.

Il toponomo «Orscelera» abbastanza diffuso nel nostro territorio, dato a luoghi che i bestioni amavano frequentare, con qualche faggio ombroso e con presenza di una sorgentella, ne era Vindice, così come il nome Porscelera indicava la presenza dei cinghialetti.

Sempre quel mio informatore del secolo scorso, scrivendo dei bimbi, annotava; Fatti grandicelli, gerlo in spalla e fuori a custodire eapre e pecore, condurle al pascolo e, quando le vedevano assalite dall'orso, gridare e far rumore per vedere di spaventarlo.

Dei lupi, poi, i vecchi mi raccontavano ancora ritolte storie, il che dimostra che la loro scomparsa non era troppo lontana. Uno ricordava addirittura l'ultimo attacco di tre lupi a un munt del mio paese, dal quale non si erano ancora ritirate le mucche per portarle al villaggio: la neve, mi diceva, era caduta quell'anno assai precoce e le fiere, affamate, avevano raggiunto a sera tarda la stalla; lui e un compagno eran rimasti assediati tutta la notte con le bestie che muggivano paurosamente, e avevano tenuto a bada con le forche i lupi che tentavano di entrare dalle finestrelle.

A Tremenico, poi, si raccontava di una calata di lupi sino alla piazza della Chiesa sul finire del secolo scorso, sventata dalla gente del luogo accorsa con tizzoni ardenti nella notte.

Ho cercato di sapere dalle vecchie carte qualcosa di più su quello che per secoli dovette essere un continuo incubo per i nostri avi, e ho raccolto notizie sui vari nostri paesi, su quelli che hanno le montagne più alte principalmente.

Premetto, innanzitutto, che la piaga delle fiere era vecchia quanto l'uomo e che sempre diede gravi preoccupazioni ai governanti; lo rivelano i più antichi statuti: in un articolo dr fine 1300 è comminato un premio di 20 soldi terzuoli a chi consegna un cucciolo di lupo e di 60 per un lupo grosso. In una grida di Ludovico il Moro del 1472 i compensi vengono addirittura raddoppiati j rispetto ai precedenti e quadruplicati per lupi rapaci avidi di carne umana. Nel seguente 1475 il premio fu portato addirittura a quattro ducati: tanta era la diffusione della fiera!

Del 1504 si ha una notizia raccapricciante: in un solo giorno nelle campagne milanese e comasca i lupi uccisero 20 fanciulli sparsi per i pascoli a custodia di greggi. Durante l'estate del 1500, nel Luganese ne avevano trucidati 30.

Venne concesso, allora, di portare armi e alla guardia degli armenti si andò in comitive, che nel dialetto antico erano chiamate ausende o usende.

L'audacia dei lupi era, però, senza limiti: scendevano sovente sino ai villaggi. Ho una cronaca esinese del 1564 in cui è scritto che in una notte d'autunno, guidati forse dall'odore in quanto il morto era stato seppellito fuori dalla terra consacrata perchè colpevole di eresia imparata lavorando quale boscaiolo nel paese protestante dei Grigioni, alcuni lupi famelici dissotterrarono il cadavere trascinandolo giù per la ripa e facendone scempio.

In un diario dei Torriani di Primaluna è scritto che nel 1600 e nel 1601 orsi e lupi erano talmente aumentati che gli uomini in certe ore del giorno non osavano uscire dalle case.

Ancora nel 1700, benché meno grave, il flagello continuava. In una supplica del 1751 al Governo, i Valsassinesi, chiedendo che fosse loro mantenuto l'esenzione da tasse su boschi e su pascoli facevano presente che l'agricoltura e allevamento erano assai ostacolati dalla presenza di lupi e di orsi, per i quali era accordata una taglia rispettivamente di lire 24 per i primi e di lire 12 per i secondi. Precisavano che mediamente venivano uccisi ogni anno non meno di 12 lupi e di 6 orsi. Nell'Archivio di Stato di Milano è ancora conservato un fascette di ricevute dal Notaio del Pretorio, a cui coloro che avevano ucciso un animale feroce dovevano presentarne la pelle dopo averla fatta bollare dal baricello sotto il naso con un segno di croce fatto con ferro rovente.

Si sarà notato come il premio per un orso fosse la metà di quello concesso per un lupo, in quanto il primo animale era considerato meno pericoloso, come dimostra del resto il fatto già riscontrato che i pastorelli li riuscivano a metterlo in fuga con frastuoni e con rumori. Gli orsi calavano soprattutto dal Legnone, dal Pizzo, dalla Grigna e i monti dell'Alto lago di Occidente, persino dal San Primo.

Il 28 novembre 1761 dodici cacciatori di Premana e di Pagnona uccisero, in una battuta in comune, un orso sui monti di Pagnona. Tre giorni prima ne era stato ammazzato uno sui monti di Primaluna e nel gennaio precedente uno sui monti di Indovero e di Narro.

Nel 1764 Pietro Gianola di Premana uccise da solo un orso sui monti della Muggiasca. Abilissimo cacciatore dovette essere Giuseppe Malesi di Gero che nell'estate del 1769 ammazzò un orso presso il lago di Sasso e altri due nel settembre presso Blandino. Anche sacerdoti partecipavano alle battute. Già scrissi del leggendario Pré Isep; furono celebri due preti Fondra e un prete Mornico.

Moltissimi erano lupi catturati anche con le tagliole, Giacomo Piatti di Pasturo nel 1762 presentò, per la ricompensa, la pelle di un lupo da lui ucciso con sassate e bastonate, avendolo trovato zoppo, senza una zampa, perduta in una tagliola.

Con l'aumentare della popolazione e quindi con l'avanzare della presenza umana anche nei luoghi più reconditi, le fiere andarono scomparendo. Ciò non toglie che la loro presenza fosse ancora molesta nel secolo scorso. Trovo annotato, infatti, sul diario del bisnonno: 1867 - I cacciatori di Primaluna presero l'orso nel loro comune.

Orsi e lupi, dalla loro presenza effettiva passarono alla leggenda. E si raccontava delle due donne che levatesi per errore con un'ora di anticipo al mattino, recatesi nel bosco a far strame, incontrarono un lupo e si rifugiarono su un albero; quello, sotto, faceva gran versi e balzi, sin che, giunta la luce e udito che gente arrivava dal paese, si allontanò. E poi la storia più truculenta delle due sorelle dagli strani nomi, nubili e sole, e la sera mancava l'acqua e una scese alla fontana e l'altra dalla lobbia le faceva luce con la lüm, e giunse il lupo e quella chiamava, ma per via degli strani nomi che ingeneravano confusione di significato, la sorella non comprese che la poveretta chiedeva aiuto e così il lupo se la portò nel bosco e la mattina non trovarono che il teschio e anche quello tutto rosicchiato.

Che quei racconti fossero tutti inventati o avessero qualche fondo di vero non so; certo è che rivelano come dovette esser grande il timore se ancora le vecchie ce li dicevano, quando eravamo ragazzi.