L'Adda fiume lombardo

Centro di documentazione e informazione dell'Ecomuseo delle Grigne

Pietro Pensa, L'Adda fiume lombardo in Martinella di Milano, 1973.

Le vicende dei popoli hanno sempre avuto per teatro il corso dei fiumi: i nomi del Tigri e dell'Eufrate, del Gange, del Nilo, del Tevere, del Reno, del Danubio, dell'Adige, della Senna e del Tamigi sono simboli del faticoso e tormentato evolversi del genere umano.

Similmente, l'Adda ha segnato e consacrato con il suo corso le vicende di un'antica gente che dal suo nome suole chiamarsi abduana, e, in gran parte, le vicende della stessa Milano: e non sono vicende da poco. Cercheremo di sintetizzare nei loro grandi corsi questi eventi che, or prendendo origine dal Settentrione e propagandosi secondo il naturale fluire dell'acqua, or risalendo invece contro corrente sotto la spinta delle umane passioni, si sono soffermate presso un ponte, a una confluenza, nel grande slargo del Lario, per imprimere un segno alla storia.

Sorvoleremo le mitiche origini, i tempi in cui piccoli nuclei liguri, cavernicoli delle montagne allorché la pianura era ancora invasa dalle acque, palafitticoli e già sedentari e agricoltori sul margine dei colli al ritirarsi di quelle, lasciarono solo sporadici segni della loro esistenza in qualche punta di pietra scheggiata o in qualche primitiva suppellettile. Dimenticheremo gli Umbri per portarci più avanti, al tempo protostorico delle calate dei Galli dai passi occidentali e delle successive ondate celtiche che cacciarono dalle nostre pianure gli Etruschi appena insediativi, sospingendoli forse verso i monti, e più avanti ancora, quando i Romani, giocando sui contrasti tra Insubri e Cenomani, dopo essere stati battuti alla confluenza dell'Adda col Po, respinsero i Galli verso l'Oglio e riportarono su di essi una grande vittoria nel 222 avaftti Cristo; e quindi più oltre, dopo la definitiva sottomissione del 196, seguita al breve intervallo durante il quale i Galli si erano alleati ad Annibale. Sarebbe interessante soffermarsi sull'episodio del console Flaminio che, incerto della fedeltà dei Cenomani alleati, fa loro passare il fiume, poi distrugge il ponte di barche per essere sicuro alle spalle e si butta contro il nemico, ma troppo scarse sono le notizie.

Dopo la sconfitta e la distruzione dei loro castelli, tribù galliche si ritirano verso settentrione, risalgono il corso del fiume; si stanziano lungo le rive del Lario, lungo le alte valli e, assorbendo la scarsa popolazione indigena, fondano i nostri villaggi e danno corpo a quei Concilii che, trasformandosi nei Pagi romani e nelle Pievi medioevali, saranno l'embrione dei futuri liberi Comuni, e porteranno l'esercizio delle terre della collettività a diventare l'origine delle forme statutarie di governo.
Se anche, nei secoli, a quei Celti, buoni allevatori e agricoltori, dal carattere estroverso e gioviale, si aggiungeranno altri, sospinti dall'incalzare barbarico o chiamati dal fiorire economico, essi resteranno pur sempre il sangue fondamentale della gente abduana.

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