Dopo gli animali mitici restano quelli pericolosi
Pietro Pensa, Dopo gli animali mitici restano quelli pericolosi in L'Ordine, 21.9.1979.
Orsi e lupi sono passati alla leggenda con l'aquila che ancora negli ultimi anni frequentava i monti che si affacciano sul lago - Il lupo e la volpe sono nelle fiabe - Sono rimasti gli animali nocivi come la vipera
Orsi e lupi passarono dunque alla leggenda, e vi passò anche l'egliele, l'aquila che io ebbi ancora la ventura di veder distendere «il nero volo solenne» nel cielo della mia valle. Poi, il lupo trasmigrò alle fiabe per i bambini, e ne scrissi, non più feroce e truculento, ma sciocco e credulone, compare gabbato dall'astuta volpe, anche questa sempre più rara, braccata per via della rabbia che porta attorno; animale tanto interessante pur esso, come ebbi occasione di constatare in quella femmina che veniva sul limitare dell'orto di uno di lassù a chiamare il grosso cane che vi stava e poi correva con lui nel bosco per passarvi una notte d'amore, e continuò la tresca sino che il cane finì male per una schioppettata e ancora per qualche notte si senti la volpe squittire prima per richiamo, ululare quindi di inquietudine, per levare alla fine ululati di dolore.
Rimasero, di animali pericolosi, e purtroppo si moltiplicano là dove l'uomo ha abbandonato il territorio lasciando che erbe selvatiche, rovi e virgulti chiudano in un arraffato disordine i sentieri antichi, le vipere. Ora, a rendere innocuo il morso vi sono i sieri; un tempo i rimedi erano primitivi e allora bisognava guardarsi, specialmente dalla varietà scura, di color ferrigno, la «berus», detta in dialetto semplicemente "vipere", che entrava sovente anche nelle case, portatavi in qualche fascina di frasche da bruciare; l'altra, l'"aspes", più tozza, quasi marrone con gran macchie che sembrano un ghirigoro, temibile specialmente quando di primavera esce dal letargo, incuteva meno spavento; non vi era montanaro, ragazzo che fosse, a lasciarsi sorprendere; appena la vedevano, subito un sasso volava e quella restava stesa in terra col capo fracassato. Quando riusciva, calpestata tra l'erba, a mordere una gamba, allora il .malcapitato si faceva un taglio col "corlascin", raggiungeva un compagno che gli succhiava il sangue e gli cauterizzava la ferita con un ferro rovente; poi non si lasciava che il poveretto dormisse. Ricordo, avrò avuto non più di dieci anni, che sotto casa mia, dove c'è un lungo corridoio erboso tra due file di piante, un uomo venne fatto passeggiare per un giorno e due notti; lo tenevano a turno sottobraccio, lui si lamentava che voleva dormire, quelli lo scuotevano e l'obbligavano a camminare senza posa. Si salvò, ma ebbe a lungo disturbi. Il fatto mi lasciò molta impressione.
E che la vipera fosse pure tanto temuta lo dice un altro "gergiol". Vi era dipinta prima la Madonna di Lezzeno, ma fu poi sostituita da una statuetta dell'Immacolata che schiaccia il capo al serpente. E' scritta questa dedica: Eretto nel 1885 - da Spazzadeschi Alessandro - miracolosamente scampato - da mortale insidia di tre serpi - Restaurato - dal figlio Alessandro - morso da vipera - e pur lui salvato.
Conoscano dunque queste storie i nostri ragazzi e le conoscano anche i cittadini che vengono nei nostri paesi durante i facili giorni dell'estate e ne vedono l'aspetto oggi domestico e garbato. Sappiano, questi, come fu dura la vita dei nostri vecchi, sempre all'erta per il pericolo che, pur nei momenti più impensati, sovrastava; sappiano e giustifichino così, comprendendo, il carattere nostro che non ha perduto ancora certe durezze e certe diffidenze.