Appunti di preistoria e protostoria comensi
Articolo di Pietro Pensa, in Rivista Archeologica dell'Antica Provincia e Diocesi di Como, fasc. 173 (1991), pp. 133-140.
Quando si indaga il passato delle manifestazioni umane in un territorio vasto quale è quello del bacino dell'Adda, come sto facendo io, ci si rende conto che le ricerche di questi tempi sono avvenute si per opera di persone valide interessate ai problemi, ma senza rapporti di cooperazione tra i centri da cui le indagini irradiano, tra Como e Bergamo ad esempio. È accaduto così che gli uni si siano accaniti in ricerche che gli altri avevano portato a compimento: tipico è il caso di Parra e Barra, in cui il mutamento di una consonante condusse a grandi difficoltà.
In questa esposizione protagonista è Plinio il Vecchio, eccelso divulgatore, che con la sua Naturalis Historia, ancor oggi fonte ineguagliabile di informazioni condizionò non solo l'antichità, ma il Medioevo. Scrisse Plinio: «Catone attesta che Como e Bergamo e Licini Forum e altri popoli attorno sono della stirpe degli Orumbovii, ma dice di ignorare l'origine di questa popolazione, che Cornelio Alessandro insegna esser derivata dalla Grecia, anche secondo l'interpretazione del nome, che spiega come 'popolazioni che conducono la vita tra i monti'. In questo luogo scomparve Parra, città degli Orumbovii, dai quali, dice Catone, sono derivati i Bergomati, e che ancora oggi appare un luogo più famoso che fortunato». Paolo Giovio, gran scrittore, ma spesso superficiale, scrisse a sua volta nel 1500 sul Larius, dedicato a Francesco Sfondrati, illustrando il territorio lecchese: «Sul versante Nord-Ovest del monte (Barro) si vedono i resti dell'antichissima città di Barra, vicino al paese di Galbiate. La scomparsa di Barra è ricordata da Plinio».
Quell'errore fu causa di un grosso equivoco che diede motivo a ricerche anche recentemente. Il monte Barro, che ad occidente dell'Adda si incunea verso la pianura padana, fu per la sua posizione strategica in tempi storici luogo di importanti episodi, ma negli scavi tuttora in corso si trovarono reperti romani e barbarici, mai, tuttavia, preistorici.
Ora, nei numerosi manoscritti della Naturalis historia, sparsi nelle grandi biblioteche europee, il nome Orobi appare in diverse forme: Orumbovii in quello maggiore del 1469, Orumobi in quello leidense, pure ritenuto tra i più antichi, Orumbivi od Orobii negli altri.
Nei codici, poi, è scritto Parla in uno, Para in tre, Parra negli altri.
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