Warburghiana Brivio 9 luglio 2010
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Warburghiana
Concerto sinottico n°4
Aurelio Andrighetto, Dario Bellini,
Gianluca Codeghini, Elio Grazioli
Programma di sala
- G. Codeghini: Across_the river
- G. Codeghini: Gioco di sponda / voce A. Bordiga
- E. Grazioli: Tetragono, appunti sul 4° concerto sinottico
- A. Andrighetto: Vibratile
- M. Amari: Senza ponte non c'è pontifex
- E. Grazioli: Il ponte immaginario
- D. Bellini: Guardando fisso il ponte di Brivio
- J. Rykwert: Sia funzione la rappresentazione...
- E. Grazioli: Giro di boa
- M. Amari: Distruggiamo i ponti! Il nuovo diktat della politica
- A. Andrighetto - G. Codeghini: Across_the mountain
- G. Codeghini: Gioco di punta / voce A. Bordiga
- E. Grazioli: The pencil of nature
- Archivio Pietro Pensa: Avvistamento UFO
- A. Andrighetto: Inafferrabile
- E. Grazioli: Secondo giro di boa
- M. Amari: Ponti fissi, ponti mobili, ponti traghetto: signori questa è la rete
- J. Rykwert: Ferro e cemento
- D. Bellini: La Trousse d'un Da
- E. Grazioli: Una sponda risponde all'altra
- G. Codeghini: Across_the word
- G. Codeghini: Gioco tra le righe / voce A. Bordiga
Tre artisti e un critico hanno dato vita al gruppo Warburghiana attivo dal 2004. Insieme abbiamo fatto mostre, scritto, parlato, pubblicato un libro che raccoglie le esperienze preparatorie alla nascita del gruppo e realizzato multipli per ogni intervento pubblico svolto.
Scorrendo lungo il corso del fiume, occhi aperti su entrambe le sponde, a destra e a sinistra, inanelliamo, secondo un montaggio eloquente che chiamiamo "concerto sinottico" immagini, suoni, interventi dal vivo, video, dichiarazioni, rumori, schiamazzi sui temi del paesaggio, del fiume, del ponte, riconducendoli a quelli dell'arte. I cambiamenti di luce su una foglia, una montagna rovesciata, un ragazzo che parla di argomenti alti giocando tra l'erba, interviste a studiosi, spoglio di documenti d'archivio, riflessioni a voce alta, sono il contributo di Warburghiana alla manifestazione Vestire i Paesaggi, il suo modo di intervenire in arte puntando sugli argomenti vivi, affrontando i contenuti di petto, invitando il pubblico a comporre nella propria mente il vero montaggio dell'opera.
"Di che cosa stiamo parlando?" ci chiedevamo e chiedevamo agli altri, che ci sembravano esitanti, bravi ma indecisi, sospesi oppure stracarichi di contenuto, certamente sociale e "pubblico", ma poco rilevante e spesso neppure tanto sentito. Gli uni si lamentavano, gli altri si ritiravano imbronciati; il dibattito sul "relazionale" era in ritardo e mal compreso; nessuno in fondo aveva voglia e ragione di discutere di alcunché.
E noi? (Elio Grazioli)
Warburghiana è composta da Aurelio Andrighetto, Dario Bellini, Gianluca Codeghini ed Elio Grazioli.
Across_the river
Gioco di sponda
Il gioco comincia con una conta
sul bordo della strada,
quella del viandante,
dove la strada prende a salire
e finisce sul bordo,
dove l’acqua prende a scendere
verso la pianura.
Vince chi da una sponda
continua intensamente
a desiderare l’altra,
al punto tale da lasciare nella memoria
il dubbio di aver desiderato altro
o di non aver desiderato affatto.
(Gianluca Codeghini, tratto da "La strada del viandante " P. Pensa
La produzione di un'opera d'arte che dura mesi di lavoro e coinvolge persone e competenze diverse produce scambi, incontri, confronti, suggestioni, itinerari mentali. In occasione della conferenza stampa per Vestire i Paesaggi, Aurelio Andrighetto, invitato a intervenire, innesca una riflessione sulla trasformazione del paesaggio in territorio.
Cara Cristina, non posso assicurare la mia presenza, peraltro le mie idee al riguardo sono piuttosto critiche e quindi forse è meglio non esprimerle. Ho l’idea che politica ed economia abbiano mutato il paesaggio in territorio. Il paesaggio non è territorio. Nel film Medea di Pasolini, il centauro-pedagogo Chirone, osservando la palude, gli alberi, i cespugli esclama: "Tutto è santo, nulla è naturale". Quando alberi e cespugli o "la calma piatta delle tre del pomeriggio" diventano segni di qualcosa di diverso da quello che sono, quando vengono mutati in segni del prodigioso, del sovrannaturale da leggere e interpretare, il paesaggio entra nel regno della scrittura e della lettura. E’ solo in questo modo sottile, raffinato che il paesaggio si apre all’interpretazione e quindi al significato. Il discorso sulle immagini nel film di Pasolini sottolinea infatti il ruolo decisivo della parola e del racconto nel processo ermeneutico di interpretazione. Il territorio è invece muto, chiuso a ogni ermeneutica, a ogni interpretazione, bene ambientale da sfruttare e consumare come vengono consumati i beni culturali. La forma attraverso la quale si consumano questi beni è quella della spettacolarizzazione con le sue manifestazioni di massa: festival, sagre, ma anche con quelle più elitarie. Ciao. Aurelio
Caro Aurelio,
scusa se ti rispondo solo ora, ma qui non si trattava di organizzazione e riflessi pronti, qui si trattava di prendermi il tempo per decantare la tua email e per vedere Medea, che non conoscevo.
Le idee critiche sono quelle costruttive. Se non potrai esserci per impegni pregressi è un conto, ma in caso si tratti dell'opportunità o meno di esprimere idee, allora mi oppongo. Scusa.
A che servono intellettuali e artisti? Io penso proprio a mettere in discussione, a sovvertire, ad aprire a nuove possibilità e prospettive. Se Pasolini sottolinea il ruolo della parola e del racconto, allora usiamoli. La narrazione è necessaria perché non ci sia un appiattimento e un'omologazione di quello che siamo, che facciamo e che viviamo, compresi gli interventi sul paesaggio che diventa territorio.
Credo proprio che dovresti dirlo.
Se non potrai esserci, ti prego di permettermi di pubblicare questa tua email in uno di quegli instant book progettati proprio per contenere gli itinerari che si snodano fra i paesaggi mentali, di cui la tua email mi sembra un bellissimo e raffinato esempio.
Grazie per stimolarmi sempre. cristina
(Aurelio Andrighetto - Cristina Perillo)
Guardando dritto il ponte di Brivio
Così di gittate si tratta. Tra una parola e una cosa. Tra un segno e un suono. Tra una riva e l'altra. O come a me sta a cuore tra una casa e l'altra.
Si tratta di capire bene quanta portata ha una forma, cioè fin dove arriva, quanta vallata abbraccia o, come dicono i costruttori, quanta luce intercorre.
L'arte si picca di modellare il mondo al di là dell'estremità delle dita. Marco Aurelio governa quel mondo che regge con la mano sinistra protendendo dita appena distese della destra.
Tra le case ovunque esistono intervalli, anzi no, cesure, ché gli intervalli comunque uniscono mentre ciò di cui parlo è un taglio, cioè una interruzione del discorso. Perché non sa tener conto dei discorsi fatti precedentemente, non sa vedere le sfumature e riprendere da dove si era lasciato in sospeso. L'arte unisce e getta ponti. Invisibili maglie di senso che vorrebbero sfiorarsi e procrastinare il loro effetto oltre le dita protese.
Ecco perchè voglio sembrare uno di quei turisti che scimmiottano le sculture classiche e si fanno fotografare in posa. E che mi sembra ora un gesto meno idiota di quanto pensavo solo l'altro ieri.
Prendo su di me la movenza di pallade atena o del discobolo, mi protendo a fare come se fosse formato...
conformato ad arte.
A ripetere come un manierista le belle forme, ma un po' diverse.
Guardo ancora ostinatamente dentro il mio fardello o dentro la Trousse d'un da.
Guardando fisso il ponte di Brivio, è il titolo di questo intervento.