Calendario 2025 dell'Ecomuseo delle Grigne

Centro di documentazione e informazione dell'Ecomuseo delle Grigne

Il Calendario 2025 dell'Ecomuseo delle Grigne è un calendario prodotto dall'Ecomuseo delle Grigne, stampato con il contributo di esercenti e aziende del territorio e distribuito gratuitamente a Esino Lario.

Nel 2025 il calendario è dedicato a “In&Out nel cuore della Grigna: Dialogo tra museo e territorio”.

Nel 2025, con il progetto “IN & OUT nel cuore della Grigna - dialogo tra museo e territorio”, si è deciso di raccontare la Grigna nel museo e di portare il museo nella Grigna. Così, dopo l’installazione del plastico delle Grigne con video-proiezioni di carattere scientifico all’interno del Museo delle Grigne, una serie di “pali parlanti” è stata posta in paese e lungo sentieri immersi nel verde per permettere agli amanti della montagna di ascoltare, dalla voce di Gianfranco Scotti, decine di brevi racconti di esperti di geologia, archeologia, storia, leggende, fauna e flora del territorio.


Indice

Gennaio: Un fiume di ghiaccio al posto del lago

Immaginiamo di essere in un tempo lontano: 2,6 milioni di anni fa, all'inizio del Quaternario. Il clima si è drasticamente raffreddato. Di fronte a noi si distende il Ghiacciaio dell'Adda: invade la valle profonda che verrà colmata dalle acque del Lago di Como. In corrispondenza del Capo Spartivento, la punta dove sorge Bellagio, il ghiacciaio si divide in due lingue e si allunga fin quasi alle porte di Milano. Solo le cime più alte sono libere dal ghiaccio: sono i cosiddetti nunatak.

In questo ambiente freddo e ostile i nunatak offrono rifugio ad alcune specie animali e vegetali che sopravviveranno fino al nostro tempo e costituiranno un prezioso patrimonio di specie endemiche presenti soltanto in queste aree come la Primula lombarda, simbolo del Parco Regionale della Grigna Settentrionale.

60mila anni fa, i bordi meridionali del ghiacciaio erano frequentati anche dai nostri antenati: l'uomo di Neanderthal cercava qui selce da scheggiare per creare rasoi e punte di frecce; così farà anche l'Homo sapiens 30mila anni più tardi. Solo con il ritiro definitivo del ghiacciaio, intorno a 15-12mila anni fa, quando la valle si colmerà di acqua dando origine al Lago di Como, l’uomo inizierà a esplorare anche l’alto Lario.

Oggi padroni di questo paesaggio mozzafiato sono i grandi rapaci. Il maggiore per dimensioni è l'Aquila reale che, in coppia fissa per tutta la vita, occupa un territorio molto vasto, necessario al suo sostentamento. La sua preda principale è la Marmotta, ancora ben rappresentata nell’area della Valsassina.

Nella parte occidentale delle Grigne, là dove le sue pareti si affacciano aspramente sul Lario, vivono e svernano il Falco pellegrino e il Gufo reale, che qui trovano un habitat adatto alla nidificazione. Alcune specie in inverno si allontanano in cerca del caldo, come il Nibbio bruno, amante dei versanti ripidi e poco accessibili. È facile avvistarlo mentre plana alla ricerca di prede.

Febbraio La valle dell'Esino, un paesaggio millenario di boschi, pascoli e miniere

Il torrente Esino nasce a Cainallo, percorre la valle di Vigna, si unisce al torrente della valle di Ontragno e quindi sbocca nel lago a Varenna.

Piacevolmente esposta a sud, ricca d’acqua e di dolci declivi coltivabili, la conca di Esino è abitata almeno dal 1000 avanti Cristo. I più antichi resti di presenza umana stanziale provengono dalla località Busso, e sono da riferire ai Golasecchiani, una popolazione diffusa tra l’alta pianura e le Alpi centrali.

Questi abitati facevano parte di una rete posta a controllo delle vie di alpeggio e di commercio. Vicino a Esino si trovano i giacimenti di ferro di Cavedo: attorno al 350 avanti Cristo, forse proprio per sfruttare questo minerale, giunsero tra queste montagne anche i Celti d’Oltralpe, più noti come Galli, i quali probabilmente si integrarono pacificamente e insegnarono ai locali le tecniche di lavorazione del ferro.

Il ferro era estratto da particolari formazioni rocciose, come il “Calcare Metallifero Bergamasco” e il “Calcare Rosso”. Questi giacimenti facevano parte di un distretto minerario più ampio che comprendeva anche la Valsassina, la Grigna meridionale e la Val Torta; era ricco non solo di ferro, ma anche di solfuri di rame, di piombo e di argento.

Quando al principio dell'era cristiana le Grigne vennero annesse al mondo romano, da sud arrivarono tecniche di lavorazione più avanzate e investimenti in denaro. L'economia agro-pastorale e metallurgica era destinata a sopravvivere per secoli: esauriti i filoni minerari locali, alla lavorazione del ferro della Valsassina il territorio contribuì con la produzione di carbone di legna ricavata dalle faggete.

Marzo: Il mistero della grotta di san Nicolao e la leggenda delle rondini

Il mondo sotterraneo ha sempre esercitato un fascino irresistibile sulla curiosità umana. E le grotte, viste come oscure porte verso gli inferi o mondi magici, hanno spesso dato origine a miti e leggende.

Anche questa grotta ha il suo mistero, a iniziare dal nome: è chiamata da alcuni “Crott del Nicolao” e da altri “Crott di san Nicolao”, ma la figura di san Nicolao è incerta.

Secondo la tradizione la grotta è stata abitata un tempo da un eremita che portò la fede cristiana in queste valli e che visse in preghiera nella grotta.

Attraverso un pertugio basso basso si accede a una piccola camera dove si trovano due prominenze di roccia che, si dice, servissero da capezzale e da acquasantiera.

La leggenda vuole che un giorno gli abitanti di Esino Superiore e quelli di Esino Inferiore volessero costruire assieme una chiesa nuova. Come di consuetudine, si trovarono nel punto di incontro tra la strada che scendeva da Esino Superiore e quella che saliva da Esino inferiore, proprio dove sorgeva l’oratorio intitolato a san Nicolao, oggi diventato sacrario. Ovviamente ognuno voleva la chiesa nuova nella propria comunità.

Intervenne allora l’eremita Nicolao: promise che avrebbe pregato Iddio affinché desse un segno. Il giorno seguente, il miracolo: all’alba il cielo si oscurò e un nugolo di rondini, ciascuna con un sassolino in bocca, fece cadere le pietruzze a mezza valle. Sorse così il promontorio in cima al quale venne costruita la chiesa di san Vittore che forse deve la sua bella posizione alle rondini di san Nicolao!

Aprile: Tutti i colori del sottobosco

Nelle boscaglie, appena dopo la scomparsa della neve, il sottobosco sprigiona una serie di colori: protagoniste in questo periodo non sono le piante svettanti verso l’alto ma piuttosto le piccole piante che crescono sotto i nostri piedi, ovvero la flora nemorale. Sono piante erbacee che si sono adattate a compiere il loro ciclo vitale in tempi brevi, sfruttando la luce che filtra tra i rami ancora spogli dalle foglie delle piante ad alto fusto.

In seguito, per il resto dell’anno, saranno difficili da osservare. Tra loro, in questa zona, ci sono il Bucaneve, la Rosa di Natale, l’Anemone bianco e giallo, la Fegatella, la Polmonaria officinale e i Mughetti; non appena i primi caldi raggi di sole annunciano la fine dell’inverno, spuntano diffusamente. Sono specie di pregio, dai colori particolari, con sfumature dal bianco al violetto, tutte legate a boschi di qualità. Svolgono un ruolo importante per gli insetti impollinatori che trovano in queste pianticelle le prime fioriture utili dell’anno.

Non tardiamo ad andare a osservarle: quando le piante legnose iniziano a sviluppare le foglie e a fare ombra, queste delicate fioriture scompaiono rapidamente. A dominare, allora, è la maestosità del bosco.

Maggio: Il paradiso delle farfalle

Il Monte Fopp è il posto ideale per una pausa di “butterfly watching”, l’hobby di chi ama osservare e fotografare le farfalle: qui volano a migliaia, attratte della Buddleja, un arbusto di origine asiatica, ormai molto diffuso nel nord Italia. È chiamato anche “albero delle farfalle” per la sua ricca fioritura profumata che dura tutta l’estate e attira diverse specie di farfalle.

Se ne vediamo tante, con grandi ali arancioni e disegni a righe o a punti, è probabile che si tratti della Pafia. Il maschio si distingue per le ali più appuntite. La femmina depone le uova nelle fessure della corteccia di alcuni alberi. Li sceglie in prossimità di piante di cui, una volta schiuse le uova, i bruchi si ciberanno per trasformarsi poi in crisalidi e farfalle.

Tante farfalle si mimetizzano nell’ambiente per proteggersi dai predatori o li ingannano per esempio con delle macchie sulle ali che sembrano grandi occhi; così fa l’Erebia etiope che predilige il limitare dei boschi e gli ambienti cespugliosi come questo.

La Cavolaia maggiore deve il suo nome alla sua passione sfrenata per le foglie di cavolo ed è odiatissima dai coltivatori. La si trova in tutt’Europa, in ambienti aperti o boscati, pure in città. Non teme l’altitudine e raggiunge anche il massiccio dell’Himalaya! Tra primavera e fine estate dal fondovalle la si vede migrare.

La Sfinge colibrì non è una farfalla ma una falena, insetto per lo più crepuscolare, dai colori più spenti, che fa capolino però anche di giorno. Passa da un fiore all'altro senza posarsi: riesce a stare ferma in volo sbattendo le ali fino a ottanta volte al secondo mentre succhia il nettare dei fiori con la sua lunga proboscide. Deve il suo nome al fatto che il suo volo curioso assomiglia a quello del Colibrì.

Le farfalle hanno vita breve, una volta messe le ali muoiono nel giro di pochi giorni o di qualche settimana ma svolgono un ruolo molto importante per impollinare e preservare la flora locale.

Giugno: La leggenda del pastorello: "Pesech' addoss!"

In questa piazza si riunivano le capre che il pastore, ogni mattina, portava al pascolo sui monti. Quando le riportava, ognuna, senza sbagliare, tornava alla propria stalla. Di sera, accanto al fuoco, con il solo chiarore delle fiamme, si raccontavano le storie tramandate da generazioni a Esino. Correva un brivido nella schiena per la presenza del demonio che puniva la disobbedienza di grandi e piccoli ai comandamenti della Chiesa.

Una delle storie racconta di un pastorello che non era un ragazzo cattivo ma non ascoltava i suoi genitori: il padre gli raccomandava sempre di non abbandonare il branco e la madre, poveretta, gli dava indumenti benedetti per guardarlo dal malanno. Ma il ragazzo, appena poteva, lasciava il piccolo gregge in custodia al cane e correva a giocare.

Una sera, tornato a radunar le capre in piazza Cavrera, vide che mancava proprio la sua. Tornò di corsa sulla montagna; era già buio e vagava per i burroni lanciando il suo richiamo. Finalmente, dal fondo di un dirupo gli giunse il belato della capretta ferita. Aggrappandosi alle rocce, la raggiunse e se la mise sulle spalle. Mentre risaliva, con gran fatica perché la capretta diventava sempre più pesante, una voce profonda e cavernosa giunse dal fondo della valle "Pésegh adòss!" (pesagli addosso). Al che rispose un’altra voce: "No poss, no poss! Ha le vesti filate nelle T empora”.

Le Tempora sono quattro periodi dell’anno: l’Avvento, la Quaresima, la Pentecoste e la Santissima T rinità, che richiedono tre giorni di digiuno e di astinenza. Quando si filava in quei giorni i fili erano benedetti.

Il pastorello si mise a correre ma ancora sentì l’urlo: "Pésegh adòss!" e la risposta dell’altra voce: "No poss, no poss! Ha le vesti filate nelle Tempora”.

Il pastorello allora capì di avere il diavolo in spalla e che lo salvavano i panni filati dalla madre in tempo benedetto. Buttò giù la bestia per il precipizio e corse fino ad arrivare in piazza Cavrera… dove la sua capretta era già rientrata da sola.

Si dice che da quel giorno il pastorello non abbia più disobbedito ai suoi genitori…

Luglio: Passaggi vitali per animali e fiori

Il passo di Agueglio costituisce un varco ecologico: un’area naturale di passaggio che permette agli animali selvatici di muoversi liberamente tra un territorio e un altro in cerca di cibo e di rifugio, nonché di un luogo dove riprodursi e quindi tramandare i propri geni. Proprio da lì, nel Novecento, mammiferi come il Capriolo e il Cervo sono ritornati sulle Grigne, venendo da nord.

Oggi una vasta colonia di cervi occupa la valle e da metà settembre, specialmente di notte, risuona il bramito dei maschi in amore. Dalla metà del secolo scorso il territorio è cambiato molto: lungo la sponda del lago e nel fondo valle i paesi sono cresciuti, sono sorte attività artigianali e industriali ed è stata ampliata la rete stradale.

I processi di urbanizzazione e le attività umane ostacolano e talvolta impediscono del tutto il transito degli animali selvatici che cercano varchi, oggi non solo nei fondovalle. È possibile invertire questa tendenza? Si può riconnettere un territorio frammentato?

Se gli animali hanno bisogno di varchi, a un fiore come la Primula lombarda basta una piccola breccia nella roccia per attecchire: tra aprile e luglio possiamo scorgerne alcuni esemplari in fiore sull’anello del Monte Fopp.

La Primula lombarda cresce tra rupi e pietraie, sfasciumi rocciosi calcarei, oltre che in zone erbose. Ha una rosetta basale di foglie lucide e acute mentre il fiore ha una colorazione che varia dal rosa purpureo al violetto. È tipica di questa area, è protetta ma abbondante, e per la sua importanza è stata scelta come simbolo del Parco Regionale della Grigna Settentrionale.

Agosto: San Pietro, sul vertice del Sentiero del Viandante

La Chiesetta di San Pietro si trova nel punto più alto del percorso, noto oggi come Sentiero del Viandante, che un tempo collegava Lecco e Colico.

L’edificio conserva l’abside originale, compatibile con la fine del XI secolo. Fu ridotto a cappella da San Carlo nel 1600 e, dopo un primo restauro del 1927, ricostruito nel 1964 in stile romanico sull’antico basamento.

All’interno si trova una raffigurazione di San Pietro del pittore novecentesco Ezio Moioli, originario di Olcio. A causa dei molti restauri subiti e in assenza di uno scavo archeologico delle fondamenta, non si è in grado di fornire un’esatta datazione del primo impianto dell’edificio; tuttavia, un documento dell'epoca rivela che qui esisteva un luogo di culto almeno dal XII secolo.

La zona era probabilmente abitata fin dall’età celtica poiché, nella piana di Ortanella, sono state rinvenute tracce di tombe a cremazione, oggi disperse.

Il passo di San Pietro aveva un interesse strategico particolare e ancora oggi segna il confine comunale tra Esino e Varenna: da qui è possibile controllare a vista sia il lago, sia il percorso militare del Sentiero del Viandante, sia le vallate interne delle Grigne.

Non si esclude addirittura che proprio qui, nel basso Medioevo o forse addirittura prima, esistesse un presidio di avvistamento che fungeva da collegamento tra la torre di Esino e la torre di Lierna: lo suggerisce anche il rinvenimento di una moneta in argento altomedievale, oggi conservata nel Museo delle Grigne, proveniente dal terreno nei pressi della Chiesa.

Nella foto: la chiesetta di San Pietro negli anni Trenta, prima della ricostruzione.

Settembre: La forza dell'acqua alimenta lo sviluppo umano

Presso l’antico ponte di pietra di Lava il Mulino di Petòn è uno dei vecchi mulini che, ai piedi del paese, punteggiavano il corso dei torrenti e ne sfruttavano le acque.

Fino a metà Novecento lì si macinavano grano, segale, orzo, mais e castagne provenienti dai campi e dai boschi della zona; la farina veniva poi portata in paese a spalla, dentro gerle di vimini, ed era gran fatica risalire la mulattiera.

La forza dell’acqua, subito dopo quella animale, è la più antica fonte di energia sfruttata dall’uomo per alleviare le fatiche quotidiane. La tecnologia della ruota idraulica, inventata nel Vicino Oriente, era conosciuta già in età romana; in seguito, durante il Medioevo, i mulini si diffusero in tutta Europa per rimpiazzare le macine a mano, azionate fino ad allora soprattutto grazie allo sfruttamento di donne e schiavi, pratica condannata dal cristianesimo.

La rivoluzione industriale fece grande uso dell'energia idraulica, ad esempio per alimentare mantici e magli siderurgici; all’inizio del secolo scorso la Lombardia, e la valle dell’Adda in particolare, era all’avanguardia in Europa per lo sfruttamento dell’energia idroelettrica.

Nel 1920, con i risparmi di un migrante tornato dall’estero e con il concorso di mezzo paese per il trasporto del macchinario, venne costruita una diga che portò l’elettricità a Esino, uno dei primi borghi di montagna dell’allora provincia di Como a vantare un simile progresso! I ruderi dell’impianto sono visibili più a valle.

Altro primato fu, negli anni ‘60, uno dei primi impianti di depurazione delle acque reflue della provincia. Oggi vediamo, in località Lava, le moderne vasche che rilasciano acque sane nel torrente Esino.

Nella foto l’acqua spumeggiante del torrente Esino a Lava

Ottobre: Pozze di abbeverata, microcosmi di biodiversità

Durante le escursioni in montagna, capita di osservare, nei prati, delle piccole pozze d’acqua dalla forma più o meno circolare. Sono chiamate pozze di abbeverata e la loro funzione è intuitiva: permettere agli animali al pascolo di dissetarsi. In realtà, queste pozze sono un vero e proprio microcosmo tutto da scoprire, al centro di numerosi progetti di recupero ambientale lungo l’arco alpino. Da secoli, durante la bella stagione, le mucche vengono portate a pascolare in montagna anche in zone prive di torrenti o sorgenti.

Da qui la necessità di creare piccole riserve d'acqua sfruttando le depressioni naturali del terreno, rese impermeabili con dell'argilla pressata o con delle foglie di faggio compattate. Questi stagni in miniatura, se così possiamo definirli, sono diventati anche l’habitat ideale per molte specie di anfibi e insetti cosiddetti specializzati, con un ruolo non secondario nella tutela della biodiversità. Un esempio talora visibile, avvicinandosi all’acqua, è l’Idrometra, insetto con corpo allungato in grado di pattinare sul pelo dell’acqua.

A primavera le rane tornano alla pozza dove sono nate per accoppiarsi e depositare le uova. Queste, schiudendosi, danno vita ai girini, la loro forma del periodo acquatico, che possiamo osservare nei mesi di maggio e giugno.

Recentemente, nel laghetto di Ortanella, la tipica Rana Rossa alpina, di cui la gente di Esino un tempo era ghiotta, è stata sostituita dalla Rana Verde di pianura. Sarà colpa del cambiamento climatico?

Novembre: Quando Esino e gli Esinesi si dividevano tra Cres e Psciac

Esino oggi appare come un unico borgo ma fino al 1927 Esino Superiore (in dialetto Cres) ed Esino Inferiore (o Psciac) erano due comuni distinti, ciascuno con il suo municipio e la sua scuola.

Pietro Pensa, sindaco di Esino per vent’anni, ingegnere e storico, racconta che c’era una differenza notevole tra le abitudini di vita, il carattere e la mentalità degli abitanti dell’uno e dell’altro paese. Ecco le sue parole:

«Gli abitanti di Esino Superiore, fisicamente più longilinei ed estroversi, ricordavano i tratti caratteristici dei Celti come descritti dagli antichi scrittori. Abituati ad uscire al lavoro, anche d’estate, a mattina avanzata, nelle ore serali si notava ancora molto movimento nel paese: le osterie rimanevano aperte sino alla mezzanotte. Non infrequenti le liti, ma con pronta ricomposizione: non era difficile, infatti, incontrare a braccetto due che la sera prima avevano avuto un furioso alterco. Notevole disinvoltura si notava nel contrarre debiti, il che rappresentò una premessa positiva quando, affacciatesi le possibilità turistiche, gli abitanti di Esino Superiore si diedero a costruire case da affittare, preparando così l’ascesa economica del paese.

Ben differenti gli abitanti di Esino Inferiore: più tarchiati, instancabili lavoratori, d’estate uscivano prestissimo al lavoro; la sera, alle 20 tutto taceva: ognuno era ritirato nella propria casa; pochissimo l’afflusso nelle osterie, salvo che nei giorni festivi. Le liti, quando si verificavano, portavano ad odi che duravano talvolta anche più di una generazione. Più intransigente la morale. Molto maggiore l’importanza della donna nella famiglia: negli antichi documenti erano sempre presenti e citate le donne capo famiglia. Alieni da debiti, quando l’economia decadde, l’emigrazione verso l’estero, particolarmente verso le Americhe, spopolò il paese, nel quale solo più tardi si notò una ripresa demografica.

A Esino Superiore venne trovata una necropoli gallica di incinerati. Viceversa, a Esino Inferiore si rinvennero molte tombe romane di inumati.

Dal che si dedurrebbe che l’origine degli abitanti di Esino Superiore sarebbe celtica, quella di Esino Inferiore romano barbarica. Un’ipotesi, certo, conclude Pietro Pensa, ma seducente!».

Dicembre: Il borgo di Esino e San Vittore sulle spoglie del castrum romano

Esino oggi sembra fuori dal mondo ma non è mai stato un paese isolato: per secoli, insieme a Varenna, ha svolto un ruolo di difesa dei confini della Valsassina; era sulla via di terra più breve che univa la pianura padana all’Europa centrale attraverso il passo dello Spluga.

L'antico borgo, edificato su diversi piani terrazzati, era costituito da due nuclei, riconoscibili ancora oggi: Esino Superiore, chiamato in dialetto locale Cres, ed Esino Inferiore, Psciac. Questi sono separati da una piccola depressione del terreno da est a ovest.

I primi insediamenti celtici e romani dovevano essere sparsi lungo la direttrice nord-sud di via Dante-via Agueglio, in lieve pendenza ma ricca di fonti d’acqua. In età tardo-romana, per esigenze di difesa della valle, venne edificato anche un castrum, cioè un nucleo militare fortificato: si trovava proprio sul rilievo più elevato che ancora oggi prende il nome di “castello”.

La Chiesa di San Vittore venne eretta attorno al XII secolo probabilmente adiacente al “castello”. In effetti, all’inizio del Novecento sono state individuate le fondamenta di una possibile torre sotto l’edificio della Chiesa attuale, ampliata più volte. Sempre attorno al XII secolo venne edificata la torre di avvistamento che si vede bene sopra il paese. È a pianta quasi quadrata e la porta si trova a circa 4 metri dal terreno per poterne impedire l’accesso.

Faceva parte di un’ampia rete di fortificazioni in comunicazione tra loro che, da Lecco, abbracciava la sponda orientale del Lario e la Valsassina. La torre controllava pure le vie di accesso al paese dalla Valsassina attraverso i passi di Agueglio e di Cainallo.

Nell'Ottocento però, con la strada a gallerie costruita dagli Austriaci lungo il lago, il paese si ritrovò tagliato fuori dai flussi di merci e di persone. Ma per poco: le ricerche dell'abate Antonio Stoppani sui fossili della Grigna destarono l'interesse degli scienziati di tutta Europa e la curiosità dei viaggiatori che diedero inizio alla vocazione turistica del paese.

Crediti

Le foto sono dell’Archivio Pietro Pensa, di Andrea Ferrario, Carlo Maglia, Alessandro Monti e Carlo Maria Pensa.

Testi e immagini sono rilasciati con licenza CC BY-SA

Voci correlate