Suggestive ipotesi sulle origini premanesi

Centro di documentazione e informazione dell'Ecomuseo delle Grigne

Pietro Pensa, Suggestive ipotesi sulle origini premanesi in Il Corno, 1977.

La bonifica del territorio avvenne sempre dal basso verso l'alto, partendo dalle palafitte sulle rive del lago e delle lagozze di fondo valle. Nelle zone più favorevoli liberate dal bosco sorsero le prime "alpi" che, ingrandendosi a poco a poco, formarono nuovi villaggi, li processo rimase evidente per secoli nel nome di varie località: sino al 1400 i paesi della bassa Valvàrrone erano chiamati nel loro insieme "Monti di Dervio"; Periodo e le sue frazioni ancora nel 1700 venivano denominati "Monte di Varenna; similmente, la Muggiasca fu In antico il "Monte di Bellano". Presumibilmente, Invece, i villaggi dell'altopiano, date le condizioni ambientali simili, furono abitati, con partenza da Cremeno, quasi nello stesso torno di tempo.
Alcuni indizi, in particolare il fatto che nel medioevo Promana versava ancora un tributo alla chiesa di Bellano sul territorio di Artino, nonché l'antica appartenenza del monte Bonagglo a Bellano, di Barconcelli con Casarsa a Cortenova, fanno pensare che Pagnona e Promana siano state raggiunte dall'uomo con provenienza non solo da Taceno, ma anche dalla Muggiasca.
In linea generale, l'espansione umana segui la conformazione dei monti e delle valli. Le zone più elevate, con boschi resinosi e vasti pascoli, rimasero per secoli beni comuni ai diversi villaggi sorti da un'unica origine, mentre i boschi vicini, adatti al legname minuto da ardere, vennero molto presto attribuiti a ogni singolo nucleo abitato; col tempo, però, vennero suddivisi, paese per paese, anche i beni comuni del primo tipo: quelli dell'altopiano furono ripartiti tra Barzio, Concenedo, Moggio, Cassina e Cremeno solo nel 1700; quelli dell'anfiteatro lecchese addirittura nel 1800!
Una volta determinati e segnati su rocce o su pietre, i confini rimasero immutati sino ad oggi, salvo qualche rettifica in punti controversi. Le liti per confini, tra comuni come tra privati, furono infatti sempre all'ordine del giorno e esplodevano periodicamente: tra le più clamorose fu quella tra Premane e Casargo per l'attribuzione dell'alpe Ariate, che durò tre secoli, dal 1460 al 1760; più spettacolare ancora quella tra Esino e Lierna che, iniziatasi nel 1100, si protrasse con un alternarsi di paci e di lotte al 1800!
Sull'argomento è curiosa una leggenda che si ripeto identica nella controversia tra Premane e Casargo e nella controversia tra Esino e Cortenova. Correva Infatti tra I primi due comuni contestazione sul possesso dell'alpe Ariate e tra i secondi che dell'Alpe del Moncodeno della Grigna.

Si narra che, non avendo denaro per pagare certe tasse, gli uomini di Casargo chiesero un prestito a Promana e quelli di Cortenova ad Esino Superiore; il denaro venne dato, mettendo a garanzia il possesso definitivo delle alpi contese ove la restituzione non fosse avvenuta entro la fine dell'anno che correva.
Giunto il 31 dicembre, quelli di Casargo e quelli di Cortenova giunsero a pagare il proprio debito. Accolti con gran festa, i rispettivi ospiti li invitarono a giocare alla "balletta" mentre le donne preparavano i gnocchi per festeggiare insieme l'anno nuovo: a morire e a pagare, dissero, c'era sempre tempol Lasciatiti vincere al gioco per renderli più allegri, segui un lieto convivio.
Quando, a festa terminata, i debitori aprirono le borse per rendere il danaro, si sentirono dire che ormai la fine dell'anno era passata e che le alpi per loro erano perdute per semprel Quanto di vero ci sia nella storia, proprio non so; che le alpi fossero contese ò certo perchè esistono documenti in proposito, e assai antichi.
Penso, comunque, che tra tutti si esca dalla storiella non troppo brillantemente: gli uni per essere stati minchionati col "caldaro di gnocchi", gli altri per avere giocato uno scherzo poco ortodosso!
Molte sono le apparenti anomalie che si riscontrano esaminando la suddivisione territoriale dei vari comuni; tutte, però, furono determinate da precise ragioni storiche. Ho notato che non molti Premanosi sanno, ad esempio, come l'alta testata del Varrone non si trovi in comune di Premane, bensì in comune di Introbio: sboccando con la campagnola in quel o stupendo anfiteatro montano, si vede sulla sinistra sporgere dal pendio una pietra di confine con le iniziali dei due paesi. Ebbene, tale situazione, che oggi sembra Illogica, derivò dal fatto che I gruppi militari gallici stanziati a Introbio ebbero il controllo della strada per la Valtellina e quindi la superficie territoriale di loro competenza si estese sino al passo di Trona. Più oltre, anzi, in tempi lontanissimi: Gerola alta con la vasta testata del Bitto fu infatti alpe valsassinese, forse per le stesse ragioni militari o fors'anche perchè vi presero alloggio uomini dedicati all'esercizio delle miniere. Di ciò vi era memoria in Promana sino al secolo scorso; ne è indizio, poi, la strana consuetudine, rimasta sino a non pochi secoli fa, di portare a seppellire i defunti degli Acquistapace e degli Spandri di Gerola nei cimiteri di Bindo e di Cortenova, conservandoli nella neve se la morte avveniva d'inverno e le strade non erano ancora transitabili; inoltre, ancor oggi Gerola non riceve gli oli santi dalla pieve che ereditò i diritti di Olonlo, come i paesi sottostanti, in quanto, a differenza di quelli, un tempo apparteneva alla pieve di Valsassina!
L'Alpe Varrone è ora possesso del comune di Premana, ma esso appare, nel catasto di Introbio, come un qualunque proprietario privato.
Ogni gruppo di villaggi di origine unica venne a formare nei tempi più remoti, una tribù, o "comunità pagense" con centro nel villaggio che aveva dato origine agli altri, tutti legati da abitudini simili, da vincoli di parentela, protetti da proprie divinità tutelari, le "Matrone". Il territorio comune di ciascuna comunità venne amministrato, sia pure in modo primitivo, dal consiglio formato dai capi famiglia, presieduto da un "anziano" che determinava le date di carico delle alpi, le modalità di taglio del boschi, nominando tra i componenti più esperti e autorevoli degli "ufficiali" aventi il compito di reprimere gli abusi.
Le comunità pagensi del nostro territorio furono probabilmente cinque: Dervio con la bassa Valvarrone, Bedano con La Muggiasca, Varenna con la Val d'Esino, Cremeno con l'altopiano, Primaluna con la media valle e Margno con la Val Casargo, Premana e Pagnona.
Quando i Romani posero sulle popolazioni liguri-celtiche la loro dominazione, non potendo, a causa della povertà del territorio, istituire dei latifondi come nella pianura, si limitarono a imporre un tributo in natura pari a un terzo dei prodotti; similmente si comportarono i Longobardi facendo versare tale tributo ai gruppi militari di arimanni, e cosi I Franchi.
Si era, frattanto, diffuso il cristianesimo; le chiese battesimali sorsero nei centri delle comunità pagensi e le pievi s'adattarono ad esse, che divennero "comunità di pieve". Tale è la ragione per cui i paesi della bassa Valvarrone appartengono alia pieve di Dervio e la Muggiasca cade nella pieve di Bedano.
Probabilmente, la Valsassina ebbe molto presto tre chiese battesimali: Primaluna, Cremeno e Margno, organizzandosi in un'unica pieve solo in un secondo tempo.
Sulla fine del primo millennio, sfasciatosi il comitato franco, la Valsassina cadde sotto il dominio dell'arcivescovo di Milano, il quale nel XII secolo, per potere meglio dominare i vastissimi territori di cui era venuto in possesso, subinfeudò la Valsassina. alla famiglia Torrlani di Primaluna. I tributi che dalla terza parte del prodotto utile in natura, detratta cioò la semente, erano divenuti la "decima" del raccolto totale, compresa cioè la parte destinata a semente, vennero suddivisi: un sesto fu ceduto ai Torrianl, I cinque sesti restarono all'arcivescovo. Prima, come detto, la tassazione veniva versata in natura e "incanevata", nelle corti che In Valsassina furono quelle dei prati Buscanti presso Pasturo, di Cortabbio, di Cortenova e di Casargo; più tardi il tributo, per un processo poco conosciuto, fu trasformato in denaro.
I beni comuni rimasero comunque sempre attribuiti alle popolazioni e gestiti dalle stesse.
Tale fatto fu fondamentale nella formazione del carattere nostro. Ciascuno degli abitanti poteva contare sulla legna a lui necessaria, sul pascoli e sull'erba magra per il suo bestiame:é fosse uno, solo possessore di capre o di una mucca, la sopravvivenza gli era assicurata; la gestione degli alti boschi, poi, serviva a pagare le tasse. Sia pure con miseria, ciascuno viveva "nel suo", n era costretto a servire a un padrone. Se lavorava molto, il reddito andava a lui. Da ciò la fierezza del nostro carattere e lo spirito di iniziativa che ci ha sempre contraddistinti.
Quando, nel 1200, si ebbe in Lombardia la splendida fioritura dei "liberi comuni", la nostra gente era preparata da una secolare esperienza a governarsi da sé. Dettò cosi le sue leggi negli "Statuti" di cui parlerò prossimamente: ne trarrò qualche pittoresco stralcio dalla traduzione del 1500 in lingua volgare, scritta in un bellissimo volume rilegato in cuoio, di mio possesso, dal "notaro Leone Arrigono di Vendrogno ad istanza della Magnifica Comunità di Premana".