La questione del “nullius plebis” della chiesa di Varenna e l'indipendenza di questa da altre pievi

Centro di documentazione e informazione dell'Ecomuseo delle Grigne

Contributo di Pietro Pensa, in Varena seu Insula nova, vol. I, AGL, Lecco, 1980.


Varena
L'ULTIMO ATTO DEL DRAMMA ISOLANO

Nato nella valle ma per lo più vissutone lontano, la costante nostalgia per il nostro stupendo brandello di terra, forse il più bello tra i bellissimi del Lario, me ne ha fatto sempre cercare con appassionato amore i molteplici aspetti, di natura, di storia, di folclore, e anche quelli, non meno insoliti, umani. Proprio su questi ultimi scriverò qui, grato al reverendo signor Prevosto che mi ha invitato a collaborare alla sua preziosa fatica.

Abituato sin da ragazzo a frequentare Varenna, dove il mio bisnonno a metà del secolo scorso aveva costruito una casa abitata dai miei zii, in notevole dimestichezza con Perledo, di cui per decenni mio nonno fu maestro e segretario comunale, guadagnandosi ivi per i suoi sistemi didattici una rara benemerenza dal Ministero dell'istruzione, non mi era mai sfuggita una inspiegabile freddezza nei rapporti fra i tre paesi, Varenna, Perledo, Esino.

Tale sentimento non era giustificato dai soli campanilismi dovuti a ragioni di confine o a contatto troppo stretto per eccessiva vicinanza degli abitati: nel passato, infatti, mai erano sorte quelle furibonde liti per possesso di boschi e di pascoli che divisero invece Esino e Lierna, Primaluna e Cortabbio, Barzio e Cremeno. E se quelli di Esino, per porre un esempio, eran separati da un lungo tratto di strada da Perledo per aver voglia di andarvi la domenica ad una partita di «balletta» o per guardare le giovani in chiesa e scegliersi una sposa, certo non più agevole era il recarsi da lassù a Parlasco e a Cortenova, dove invece contavano amici e sposavano ragazze.

Tanto distacco mi fu più evidente quando, divenuto presidente di comunità montana, studiatene abitudini e storia, mi resi conto che se nelle pievi di quell'ente, Primaluna, Bellano e Dervio, non erano infrequenti i campanilismi, ogni contrasto cadeva nei momenti di emergenza e di interessi comuni; il che nella nostra valle non si era mai dato. Una peculiare causa doveva quindi esserci. La cercai nel profondo della storia e qui porto le mie conclusioni. Penso che oggi, di fronte a tante ben diverse realtà, faranno sorridere di indulgenza e faranno guardare con soddisfazione ai nostri ragazzi che, avviati ormai a studiare insieme nelle scuole medie e a trovarsi ogni anno sulle nevi o sui campi per i Giochi della Gioventù, stanno seppellendo i sentimenti del passato e preparando, Dio lo voglia, comprensione e cordialità per il futuro.