L'attrazione del Lario sui Balbiano conti di Chiavenna
Articolo pubblicato da Pietro Pensa in Clavenna, XXV (1986), pp. 71-113.
Chi è nato e vissuto sul Lario di quella terra porta nel sangue, come inguaribile male, una straordinaria attrazione: il binomio monte e lago rappresenta per lui l'espressione più completa della natura, né può scinderlo nel concetto che egli ha di perfezione e di armonia.
Non vi era sera, nel nostro passato di umili fatiche, in cui il barcaiolo, tornando a riva, non sollevasse lo sguardo verso le splendide Grigne su cui il sole arrossava le erode, e il boscaiolo, lasciata l'accetta, non guardasse all'acqua che prendeva riflessi di madreperla.
Tutti noi da sempre conosciamo il senso di infinito che il lago suscita quando la nebbia nasconde l'opposta sponda e la gioia che infonde allorché il vento spazza le nuvole e qualche raggio di sole accende luci sulle acque e sui monti; né sappiamo sottrarci al fascino, tutto femminile, che avvertiamo seguendo con lo sguardo il muoversi dell'acqua che la sera, al soffiare dei montivi di valle, a volta a volta si increspa, si acquieta e si distende, si risolleva in gattici brevi e spumosi.
Tornavano, un tempo, gli emigranti stagionali a trascorrere l'inverno al focolare di casa; oggi qualche vecchio, passato da povertà a ricchezza nelle Americhe, torna a rivedere dopo decenni di nostalgia la sua piccola patria e, se non lui, vengono i figli e i nipoti a scoprire la leggendaria terra di cui tanto hanno sentito parlare.
Sentimenti come quelli ci sembra di leggere nelle vicende dei Balbiano che dall'Isola Comacina e dai lidi di Varenna andarono a cercare potenza in Chiavenna e nella sua valle, ma che mai si staccarono dalle loro acque e dai loro monti.
(...)