Insediamenti umani nel territorio lecchese presso le acque di fiumi e torrenti
Articolo di Pietro Pensa, in Archivi di Lecco, 1989, n. 2.
Se complesso era il territorio uscito dalle vicende geologiche, non diverso fu il succedersi degli insediamenti umani che lo interessarono. Ne esporrò qui, a partire dalla preistoria fino al concludersi delle invasioni barbariche, fermandomi tuttavia al crepuscolo dei longobardi, perchè, se questi poi si fusero alla popolazione presente, i dominatori che succedettero ebbero sì, influenza sulla mentalità della gente, ma rimasero estranei al sangue di chi abitava il bacino dell'Adda: cosi infatti fu anche per i Franchi, di cui Antonio, vescovo di Brescia tra l'875 e l'879, ebbe a scrivere al vescovo di Costanza, affermando che i suoi connazionali si sentivano non abitanti, ma inquilini dell'Italia.
Le più remote presenze umane
La prima apparizione dell'uomo nel territorio abduano si verificò durante l'ultima glaciazione, di Wurm, circa quarantamila anni or sono, nel Paleolitico medio, età caratterizzata dall'impiego di grossolane armi ed utensili di selce scheggiate. La sua presenza, tuttavia, testimoniata da reperti della grotta del "Buco del Piombo" sui monti di Albavilla, alla base del Triangolo lariano, era sporadica, dovuta ad una sosta nel corso dei continui spostamenti che avvenivano per l'inseguimento di preda.
Il Buco del Piombo, che si apre in formazioni del Giurassico alla base del versante SE del Bollettone a m 695 slm, presenta un complesso sistema idrografico, turbato da fenomeni di carsismo, e quindi i ritrovamenti litici, realizzati con moltissimi resti di ursus speleus, tra il 1954 e il 1973 da Leonardo de Minerbi e da lui accuratamente illustrati, non sono originari dei punti in cui furono raccolti, sia per gli spostamenti provocati da correnti d'acqua, sia anche perché l'atrio della grotta divenne in tempi storici luogo fortificato di rifugio.
(...)