Francesco Moroni in Lecco: avventuriero o patriota?

Centro di documentazione e informazione dell'Ecomuseo delle Grigne

Articolo di Pietro Pensa, in Archivi di Lecco, 1982, n. 4.


PREMESSE

L'AMBIENTE LECCHESE ALLA FINE DEL SECOLO XV

Il nome Morone appare sullo scenario lecchese nel 1496, in quegli anni in cui il ducato sforzesco si avviava, per l'incauta politica di Ludovico il Moro, verso il crepuscolo.

Lecco intrinseco, ossia il borgo interno alle mura, era abitato allora da una popolazione poco inferiore al mezzo migliaio di anime, che ad una attività di mercato, di commercio, di affari e, limitatamente, di forme produttive, proprie invece queste dei comuni di Lecco estrinseco, affiancava i compiti di mantenimento della fortezza e, con quelli, delle delicate relazioni militari, politiche e amministrative con Milano.

Le tendenze di parte, guelfe o ghibelline che fossero, erano rimaste assopite nei cinquant'anni del '400 sforzesco, periodo sostanzialmente felice nel Lario orientale, sia per economia sia per equilibrio sociale.

Nella compagine demica di Lecco intrinseco, tra le molte famiglie, non poche delle quali di rilevante posizione, tre casate emergevano per i numeri dei fuochi che le componevano, legati da tradizioni di consorteria, di affari e di consuetudini di vita, sorrette dalla potenza economica: i Longhi, ghibellini decisamente fedeli agli Sforza; i Bonanome di comportamento incerto in quanto avversari dei primi; i Belingardi, di notorio colore guelfo, ma abili a barcamenarsi per volgere le cose a proprio interesse, appoggiandosi sovente ai Bonanome a danno dei Longhi e, in ogni caso, manifestando fedeltà al duca e accattivandosi la protezione dei suoi ministri, come provano i ripetuti doni che Gaspare Belingardi, daziere del duca, mandava al Calco, segretario ducale, «per suo amore».

(...)