Con pochi telai e a noleggio si tesseva la stoffa "de cà"
Pietro Pensa, Con pochi telai e a noleggio si tesseva la stoffa "de cà" in L'Ordine, 4.5.1979.
Le pezze di filato a maggio erano poste alla sbianca: scalciate e poi sciacquate nei torrenti, venivano stese sui prati - Non si gettava nulla: nemmeno la stoppa con quale si confezionavano coperte e coprispalla da usare sotto il gerlo
Negli ultimi decenni del secolo scorso era entrato in uso ol filarel, ordigno con ruota a pedale, ingegnoso, preferito al fuso soprattutto dalle giovani, che, se abili, producevano di più annoiandosi meno. Con l'aspe, il filo veniva poi avvolto in matasse. Entro gennaio il lavoro doveva essere completato. Il proverbio ammoniva: Chi inanz Natal no fila dopo Natal suspira.
In febbraio, le matasse, deposte in grandi caidari di rame, a file alternate a strati di cenere, erano messe a bollire in acqua a lento fuoco. Lavate quindi al torrente, venivano stese ai sole ad asciugare: perdevano così il loro caratteristico color biondo divenendo bianche. Dipanate con la bicoche e raccolto il filo in gomitoli, si passava alla filatura.
L'altro filo necessario per ottenere i vari tipi di panno era quello ricavato dalla lana. Le pecore, oggetto di particolare cura, venivano tosate due volte all'anno: prima di portare al pascolo in montagna, a fine marzo; dopo il pascolo stesso, a settembre. Migliore, perchè più soffice, più pulita e più lunga era la lana della seconda tosatura. Le pecore erano gettate in terra, legate per le zampe a due a due e tosate con le apposite forbici, non molto diverse da quelle trovate nelle necropoli dei Celti. Si toglieva la lana partendo dalla schiena e scendendo lungo i fianchi dell'animale. La lana non veniva lavata prima della filatura, salvo quando doveva essere utilizzata, e il caso era rarissimo, per cuscini e per materassi.
La lana greggia veniva cardata impiegando un cardo doppio di cui una spatola era fissa a una specie di tavolo basso allungato a quattro piedi inclinati, mentre l'altra era mossa a mano, con grande impugnatura. I chiodi delle spatole erano assai lunghi e posti secondo i iati. La lana cardata veniva raccolta in quantità tale da poter caricare la cornacchia, del tutto simile a quella della canapa. Era in uso anche il filarello a ruota. Un primitivo attrezzo, poi, serviva a torcere i fili avvolti in doppio su gomitolo unico.
I télér per la tessitura erano in numero limitato in ogni paese, perchè costosi; ne possedevano solo le famiglie più abbienti che, con qualche compenso in natura, li fasciavano adoperare anche dagli altri. A impostare l'ordi, ossia l'ordito, occorreva una notevole abilità e vi erano donne specializzate in questo. Per ol ordì venivano impiegati i fili grossi di canevon che, dopo essere stati tesi erano sottoposti ad essere imbosmà, operazione che consisteva nel passar sopra di essi una pasta di crusca di segale e quindi della songia di maiale per renderli più resistenti e più elastici.
Ol trà ent consisteva nel completare il tessuto con fili orizzontali ed era effettuato dalle altre donne con la spo-lete di legno, nella quale era avvolto ii filo. Se questo era di canapa si otteneva la tele de cà, alta un braccio e di alcune decine di braccia in lunghezza. Le donne più abili riuscivano a preparare ogni giorno una decina di braccia. Se la tessitura era invece effettuata con lana su ordito di canapa, si otteneva ol mezzalan, più o meno pesante a seconda di uso combinato anche di canapa.
In maggio le pezze di filato erano poste alla sbianca: scaldate prima nei caldaro con cenerei venivano sciacquate ai torrenti e stése sui prati, dove si innaffiavano tre volte ogni giorno; la sera erano ritirate e riposte nelle casse, per essere nuovamente esposte all'indomani, in più giorni successivi. Era assai pittoresco vedere i prati, già di un verde brillante primaverile, variegati dai lunghissimi striscioni di canapa bianca.
Quando i favori grossi della fienagione avevano inizio, a giugno, ogni famiglia teneva nei cassoni il buon tessuto con cui si sarebbe vestito ogni membro. Neppure la stoppa sarebbe andata perduta, in quanto serviva, oltre che a preparare del refe, a ordire pesanti coperte da letto e coprispalla che le donne ponevano sotto il gerlo quando trasportavano il letame. La coloritura delle pezze veniva una volta effettuata con sostanze locali, tra le quali il mallo di noce. Già a metà del secolo scorso per ogni zona dèi lago vi era però una tintorie, dove si usavano ingredienti di tipo chimico.